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Domenico Riva, stimato professionista della carta stampata, da Milano rientra con la famiglia in un piccolo paese del Sud Italia, sua terra d'origine. Alla direzione del quotidiano locale, prova ad attivare un progressivo risveglio della coscienza civile del luogo, dove negli anni si è sedimentata una poco simpatica assuefazione alla presenza del malaffare. Coadiuvato da una giovane redazione, Riva batte con frequenza il tasto della necessità di un impegno al servizio della verità. Il primo impegno è mettere a nudo la corruzione che corre dentro la costruzione della nuova discarica. Più volte avvertito di cambiare strada, Riva insiste, il giornale perde i finanziamenti e chiude. Per niente scoraggiato, Riva raduna la redazione a casa propria per continuare a fare uscire la testata che ora si chiama "Nomi e cognomi". La situazione però si fa sempre più tesa, la moglie Anna è andata via con le due figlie, nel timore di un evento che di lì a poco diventa triste realtà. Riva viene ucciso per strada.
Sebastiano Rizzo comincia nel 1999 come attore di teatro, gira un corto nel 2012, alcuni videoclip, è nel cast di molte serie televisive. Avendo girato un doc sulla tragica vicenda di Giuseppe Fava, aveva pensato di dedicare a lui l'intero film. Poi il peso del copione si è equilibrato su un maggiore coinvolgimento del ruolo dei giornalisti vittime dell'attaccamento alla verità. Sud Italia dunque, ma senza eccedere in personalizzazioni. L'argomento ingloba una larga fetta del cinema di denuncia sociale italiano dagli anni '50 fino agli '80 di Peppino Impastato e di Giuseppe Siani. Cinema che non si arrende, che lotta contro gli schemi consolidati. E giornalismo che recupera il mito della stampa libera e barricadiera. Bisogna dire che è sempre da elogiare il ritorno su certe situazioni che, per quanto di finzione, lasciano sgomenti di fronte all’esistenza di una 'frontiera' culturale chiusa e difficile da abbattere. Il mito del giornalista corsaro magari non sarà più di attualità ma è bello che un film se ne occupi, che i titoli di coda ricordino nomi di uomini ammazzati per poter svolgere il loro lavoro. "Un risarcimento" lo ha definito Enrico Lo Verso, che qui è un Riva deciso e convinto. La materia è intensa e forse non sempre dosata a dovere.
Qualche passaggio un po' semplice, qualche ingenuità, qualche ripetizione ma Lo Verso e la Cucinotta (la moglie) restituiscono bene i dolori del contrasto tra vita pubblica e privata. Un'opera prima imperfetta e proprio per questo incoraggiante.