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Noir Casablanca
Questione di titoli. Les meutes, che nell’originale francese sta per i branchi, e Hounds, cioè i segugi secondo la versione internazionale, alludono ai corpi in campo. Noir Casablanca, come da edizione italiana, ci dice qualcosa sull’atmosfera (d’altronde il noir non è uno spirito più che un genere?), forse pure sulle intenzioni di questo racconto notturno, immerso nelle viscere di una città che somiglia a un incubo. Esordio del marocchino Kamal Lazraq, Premio della Giuria di Un Certain Regard a Cannes 2023, espande l’universo del suo corto Moul Lkelb, ambientato nel mondo dei combattimenti tra cani e chiuso nell’arco di una notte, e analizza il rapporto tra un padre e figlio che si guadagnano da vivere galleggiando nella microcriminalità.
Dai piccoli affari sporchi di ogni giorno passano a traffici più grandi di loro: quando il cane di un criminale locale viene ucciso in un combattimento, il padre viene assoldato per vendicare la morte dell’animale e coinvolge il figlio per finalizzare il piano apparentemente perfetto. Va da sé, le cose prendono una brutta piega. Lazraq non rinuncia al grottesco, lascia che l’umore nero costeggi l’umorismo della stessa cromatura emotiva, entra nel cuore nero di una società sospesa tra malavita e spiritualità. Si affida a due attori non professionisti (Ayoub Elaïd è il figlio, Abdellatif Masstouri, che nella vita gestisca un piccolo chiosco di sardine alla griglia, è il padre), tende esplicitamente a una dimensione pasoliniana, alla ricerca di una poetica dei bassifondi veicolata soprattutto dall’autenticità dei suoi protagonisti, al loro istinto primordiale e di sopravvivenza e alla loro capacità di trasmettere l’anima di un mondo spesso ridotto e semplificato a colpi di cliché esotici.
Film di silenzi, sguardi, tagli di luce nell’oscurità, Noir Casablanca mette dentro tante cose (il crime celebrale e antimuscolare, un bizzarro buddy movie, una potenziale black comedy, la denuncia sociale delle marginalità) e cambia marcia continuamente, quasi non volendosi incaricare fino in fondo d’ogni possibile divagazione. In questo senso appare indovinata l’idea del titolo italiano, che si concentra sul clima più che sull’azione: punti di forza, infatti, sono l’umidità appiccicosa, il calore di una luca ostile, le facce incredibili degli attori quasi trasfigurate in quelle belluine dei cani combattenti.