PHOTO
© 2024 Netflix, Inc.
A differenza del cinema, che abita il grande schermo e dunque veicola un concetto di eccezionalità, la televisione – piattaforme comprese – è domestica per definizione. Per questo la televisione è piena di case. Case “a prima vista” da comprare o invidiare, da arredare seguendo il gusto degli altri, guardare da fuori magari perché scene del crimine.
Un’ossessione su cui si edifica No Good Deed, serie in otto episodi disponibile su Netflix dal 12 dicembre creata da Liz Feldman. In cui la casa è il luogo in cui convergono tutte le possibili rappresentazioni offerte dalla televisione stessa, dal factual sull’home staging al docureality sulle relazioni (vediamo anche gravidanze, agnizioni, tradimenti) fino al true crime: c’è una casa in vendita, una villa in stile coloniale spagnolo anni Venti a Los Angeles; c’è la frenesia immobiliare ma non la crisi, poiché di mezzo ci sono i “garantiti” del sistema; c’è un delitto misterioso che lega i vicini di casa. Ci sarebbe anche una suggestione da reality (d’altronde l’esemplare più famoso del genere non si sviluppa dentro una casa?) che si configura in un meccanismo alla Cluedo – o “cena con delitto” – che, sì, estende il gioco fuori dal perimetro domestico ma colloca comunque il whodunit nello spazio elettivo della dimora in vendita.
Il casting non è casuale, a partire da Lisa Kudrow e Ray Romano, già star delle sit-com degli anni Novanta (rispettivamente Friends e Tutti amano Raymond, nel solco del revival di Nobody Wants This). Riconfigurare e riposizionare corpi da commedia è una costante di molta serialità contemporanea: in No Good Deed, Kudrow e Romano stanno vivendo un trauma senza via d’uscita e hanno capito che devono abbandonare la casa. L’intenzione è vendere per comprare un ranch.
Due coppie puntano all’acquisto ma nascondono qualcosa – l’una è appassionata di cronaca nera, l’altra deve fare i conti con un segreto di famiglia – e non sono immuni all’ambiguità i vicini dei protagonisti, un decadente attore di soap (Luke Wilson, altro commediante da riplasmare con sarcasmo e malinconia) e la sua promiscua e sbevazzante moglie (Linda Cardellini, già con Feldman in Amiche per la morte – Dead to Me).
Con un titolo piuttosto esplicativo (“nessuna buona azione”), No Good Deed si professa più nera – tant’è che viene targetizzata e venduta come “dark comedy” – di quel che è effettivamente risulta: le intenzioni da commedia acida (i morti ammazzati non mancano) si diradano via via in un’inquietudine che però non trova mai un tono adatto (i fantasmi, i muri che parlano, i segnali dall’aldilà), i personaggi sembrano volersi scontornare dai bozzetti senza trovare la forza per diventare davvero tridimensionali e l’intreccio si dipana per accumulo.
Poi, insomma, che le promesse pesino più degli esiti è fuori discussione, però il divertimento qua e là non manca, l’intrattenimento regge discretamente e certi plot twist, pur attesi, funzionano bene. Tant’è.