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Kerry Condon as Eve Waller in Night Swim, directed by Bryce McGuire. © 2023 Universal Studios. All Rights Reserved.
Avevamo imparato a diffidare dell’acqua ben prima di Night Swim. Almeno dai tempi del patriarca Noè e del profeta Giona. Poi la letteratura, da Melville a Pinocchio. Quindi il cinema: da Lo squalo a venire, l’acqua – di mare, di fiume, lacustre – si trasforma nell’abisso in cui sarebbe meglio non avventurarsi. Un mondo capovolto, popolato di terrificanti creature, dove l’uomo è la preda. Una filmografia variamente allegorica, spesso orrorifica, inevitabilmente diseguale negli esiti. Che ha indubbiamente prodotto un sapere sul modo si costruire una suspense cinematografica subacquea.
E veniamo a noi. La piscina non è il mare aperto. Ha una costrizione fisica, una limitazione di movimento, difficilmente superabile. La sfida della Blumhouse e del suo alfiere Bryce McGuire, che sullo spunto della killer pool aveva in precedenza realizzato un corto (appunto!), era proprio quella di garantire la tenuta della tensione in uno spazio così angusto, con poche variazioni di ripresa. Ebbene, il tentativo può dirsi oggettivamente fallito. McGuire saccheggia quel tanto che può, da It Follows a The Strangers: Prey at Night per restare a bordo e dentro vasca, ma innova poco e niente e, esaurita la scorta dei rimandi, deve usare le scorciatoie di banali jumpscare.
La storia ha un prologo, come si conviene al genere, e uno sviluppo non meno codificato. La famiglia di un ex campione di baseball (Wyatt Russell), colpito dalla sclerosi multipla, si trasferisce in una nuova casa con giardino e piscina. L’intento è trascorrere del tempo insieme alla moglie (Kerry Condon) e ai due figli adolescenti, rilassarsi, beneficiare di qualche nuotata e rallentare il decorso della malattia. Senonché gli effetti terapeutici della piscina sono addirittura miracolosi, consentendo in breve tempo all’uomo di riprendere le forze e sognare di tornare a giocare. Ovviamente c’è un prezzo da pagare.
La sceneggiatura di McGuire sembra riprendere la salus per aquam romana riconducendola al mito norreno del mímisbrunnr, o pozzo dei desideri, secondo cui, in cambio di un'offerta, lo spirito abitante del pozzo garantiva il realizzarsi di un desiderio. Va da sé, il desiderio ha sempre un che di malefico, a riprova della natura conservatrice della produzione Blumhouse. Il tema, un classico del cinema horror, è il pericolo del disfacimento della famiglia. Come altre volte, la minaccia arriva dalla figura maschile (paterna), meno capace della sua controparte femminile di venire a patti con la rinuncia di sé a favore del nucleo. Il desiderio è in fin dei conti egoistico, tracima nell’ossessione, si realizza come inversione tra possesso e possessore. La casa, la piscina, forme simboliche di status della borghesia americana, sono spazi che si vorrebbe possedere e da cui si finisce per essere posseduti. In fondo questo Night Swim è una pertinenza di Amityville .