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New Moon
Più robusto, ricco e spettacolare del precedente, New Moon, atteso sequel di Twilight, dimostra come il cinema non possa fare a meno di registi e di soldi. Certo, senza i guadagni del predecessore (quasi 400 milioni di dollari incassati worldwide), neppure saremmo qui a parlare delle nuove traversie sentimentali di Bella (Kristen Stewart) ed Edward (Robert Pattinson), novelli Mina e Dracula a uso e consumo dei teenager, complicate stavolta dall'intrusione mannara dell'uomo-licantropo Jacob, amico della giovane e infelice eroina, e sostituto all'occorrenza del suo fidanzatino-vampiro, fuggiasco per ragioni di cuore in terra italiana.
La rinuncia, il dolore, il terzo incomodo: sul più classico canovaccio amoroso s'innesta l'eclettica trama di rimandi letterari (Bram Stoker, Shakespeare), suggestioni mitologiche (a partire dagli uomini-lupo di Petronio) e contaminazioni new-gothic. Sullo sfondo aleggiano temi importanti, come la morte (l'insistenza sull'invecchiamento - con tanto di visione geriatrica e onirica - di Bella), la metamorfosi, l'anima, ma alleggeriti del loro peso metafisico e ritagliati su una più spicciola filosofia adolescenziale, da vaga paranoia cosmica.
In più a Chris Weitz riesce quello che alla Hardwicke era risultato vano nel precedente: essere un regista. Nulla di autoriale, ma abilità a manipolare estetiche e linguaggi di moda tra gli adolescenti, come il videoclip e la serialità televisiva. Tanto che le cose migliori del film emergono quando la colonna sonora - che passa con disinvoltura da Desplat a Thom Yorke, dai Muse ai The Killers - diventa struttura portante del racconto per infondergli ritmo e atmosfere spettrali. Viceversa il romanticismo stucchevole, i primi piani vibranti e lo smussamento degli angoli - come se vigesse un ferreo divieto a una maggiore cattiveria - fanno sembrare New Moon un episodio lungo di Buffy l'ammazzavampiri.
Operazione più kitsch che horror insomma, per non incorrere in nessun tipo di censura ed alienarsi il pubblico degli under 14. La new-entry Taylor Lautner aggiunge muscoli e pepe all'emaciata combriccola di protagonisti dai visi pallidi e gli occhi folli. Ma per vedere un attore vero bisogna accontentarsi del breve cameo di Michael Sheen, lui sì un "mostro" di bravura. In definitiva una scaltra operazione di marketing che non mancherà anche stavolta di svaligiare il botteghino.
Rifiutarlo sarebbe miope quasi quanto rivalutarlo per quello che non é: un cult per tutte le stagioni.