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Never Let Go – A un passo dal male
C’è una mamma con due bambini. Lei, Halle Berry, vive rinchiusa in casa con i piccoli da oltre dieci anni, da quando il Male si è preso il mondo: lo afferma lei stessa, che per la prole quel mondo lo rappresenta, quindi non c’è modo di dubitarne. I fratellini, Nolan e Samuel, si muovono all’esterno legati da una corda, un autentico guinzaglio-cordone che li salda alla dimora e li mette in protezione dai demoni che infestano l’ambiente. Lo spazio domestico è il centro, a cui sempre si torna, tanto che i bimbi sono costretti a recitare una liturgia in forma di preghiera: “Casa benedetta di antico legno”…
Pochi cenni sulla trama contengono il senso del nuovo film di Alexandre Aja, Never Let Go – A un passo dal male, in sala dal 26 settembre: è un’allegoria. “Una favola oscura”, lo definisce il regista. Si tratta di un horror giocato totalmente sul piano metaforico e simbolico, che in tale impostazione cerca la sua ragione di essere e trova immensi limiti. La sceneggiatura di KC Coughlin e Ryan Grassby viene scritta al tempo del Covid, come evidente dalle sue implicazioni, a partire da quella fondante di restare in casa. Poi inizia il suo percorso e trova una protagonista importante, la Berry, sempre pronta a lanciarsi nel genere; e finisce nelle mani di Aja, ex regista cult di Alta tensione, titolo chiave del new horror francese nel Duemila, da decenni ormai normalizzato con film come Oxygène su Netflix.
Un cineasta, comunque, che sa cos’è la regia e come fare paura: lo dimostra l’incipit, con la Mamma (in originale Momma) che lascia la capanna azzardandosi fuori, tenendo sempre una mano sul legno dalle scale per mantenere il contatto con la casa-salvezza… sino a incontrare il male sottoforma di grottesca creatura digitale. È solo un incubo, ma ha sognato la realtà.
L’intreccio si innesta sul dubbio: uno dei due fratelli comincia a non crederci più… È vero ciò che dice la mamma? Il mondo è in rovina e la dimora evita l’orrore? E se invece Momma avesse creato una sorta di micro-village a uso dei figli, ossia un mondo finto in miniatura che non li protegge ma li opprime? Dalla domanda legittima, uno dei due spezzerà la corda – letterale – provocando il precipitare degli eventi. Davanti a una storia simile, fatta di simboli evidenti (la casa, la corda, il dentro, il fuori), si può evocare a piacere molto horror del nostro tempo, quello che propone una dialettica tra interno ed esterno, postulando un’apocalisse già avvenuta e la necessità di sopravvivere (a titolo di esempio A Quiet Place).
Il problema è che tutto è già visto, i luoghi frequentati, gli scenari battuti: che sia vero o una montatura della donna, poco cambia per spaccare la superficie del banale, e neanche la terza via (lasciare in sospeso) può produrre senso. Va detto che il film poggia su una costruzione solida: Halle Berry regge la partita, il suo look liso e consunto la offre come una figura senza passato, marchiata da cicatrici e tatuaggi di cui ignoriamo la provenienza.
Da parte sua, Alexandre Aja ribadisce il mestiere di genere soprattutto nella gestione dell’ambiente, giocando sul timore del mondo fuori; ma da sempre funziona meglio nell’esecuzione dell’horror materico e sporco di sangue, vedi i pesci di Piranha 3D o gli alligatori di Crawl. Un contesto così astratto non gli giova… In generale, il regista resta dentro la zona d’ombra del mestierante da cui forse non uscirà più. E Never Let Go non impressiona oggi, con le sue immagini iper-significative e sfacciate nell’horror 2024 dove molto è stato detto e visto.