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“E’ un’esperienza allucinante, allucinante”. Cosa? Mettere Nel Mondo un figlio. La gravidanza, il parto, l’allattamento, e poi ancora le coliche, i pianti inconsolabili, le cacche e le pipì. E’ la vita nel suo semplice, ma allo stesso tempo complesso, dipanarsi quella che ci mostra il regista Danilo Monte in questo doc delicato, commovente, e soprattutto vero sul venire al mondo o meglio, come da titolo, Nel Mondo.
A maggio del 2017 nasce Alessandro, figlio dello stesso regista e di sua moglie Laura D’Amore. La coppia, artistica e nella vita, decide di filmare il primo anno di vita del loro bambino: dalla nascita a quando spegne la prima candelina e muove i primi passi. Gli stessi che impareranno a percorrere Danilo e Laura diventando genitori.
Lontani da quei “gin tonic che hanno smesso di darti l’illusione dell’eternità” (dal celebre monologo recitato da Valerio Mastandrea, scritto dal compianto Mattia Torre, dal quale è poi stato tratto il film Figli) con l’arrivo anche solo di un figlio (come in questo caso) la vita è stravolta. C’è chi fugge perché ha una “gigantesca nostalgia verso la vita che faceva sei mesi prima” (“si può dire o è inaccettabile?”, aggiunge poi) e c’è chi non può neanche permettersi di evadere, ma è costretto a questo nuovo “lavoro” 24 ore su 24. Ovviamente non serve specificare chi sia l’uomo e chi la donna.
Quella dissoluzione della coppia con l’arrivo del secondo figlio che nel lungometraggio di finzione Figli era messa in scena attraverso una cifra stilistica surreale, qui emerge direttamente, senza artefici, in tutta la potenza della verità e dell’esperienza (Nel mondo è il terzo capitolo di una trilogia autobiografica dedicata ai rapporti familiari, dopo Memorie-In viaggio verso Auschwitz, incentrato sul rapporto con il fratello e dopo Vita Nuova, dedicato al tema della fecondazione assistita tentata dal regista e da sua moglie) e basta il primogenito a evidenziare le complessità e le trasformazioni vissute da due neo-genitori.
“Tutto il senso di questa roba io non lo vedo”, dice a un certo punto lui a lei. Entrambi provati. Ma poi serve una sola inquadratura per capire quale sia il senso di tutto: un sorriso sdentato. Attimi unici e irripetibili, semplici e quotidiani, che diventano cinema e poesia.