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Angela Finocchiaro, Christian De Sica, Claudio Colica e Dharma Mangia Woods in Natale a tutti i costi (credits: Netflix)
L’interessante parabola divistica di Christian De Sica trova in Natale a tutti i costi un punto di caduta piuttosto importante. De Sica è tra i pochissimi attori italiani contemporanei a poter vantare dei reali successi di pubblico, nonché un’identificazione in un filone (il cinepanettone) che in molte occasioni gli ha impedito di essere ben recepito da un pubblico poco incline ad accettarlo in altri contesti.
Eppure De Sica, non sveliamo niente di nuovo, è attore notevole, completo, capace di guizzi malinconici efficaci quanto quelli gloriosamente volgari, gigione come gli istrioni classici, transmediale e transgenerazionale. De Sica è anche uno dei simboli di un sistema industriale afasico, quello del cinema italiano, che ha completamente rinunciato a offrire un prodotto, la “commediaccia”, che ha da sempre diritto di cittadinanza nell’esercizio. Tant’è che, ormai, il suo utilizzo è relegato a ruoli da gustoso comprimario (Chi ha incastrato Babbo Natale?, Comedians, …altrimenti ci arrabbiamo!) o da attore-regista di film anche a loro modo sottovalutati (Amici come prima, Sono solo fantasmi).
Che Netflix lo scelga come protagonista del suo titolo italiano di punta del periodo natalizio (disponibile dal 19 dicembre) è sintomatico. Un po’ perché indica quanto la piattaforma sia sempre più propensa ad attrarre pubblico generalista (volti riconoscibili, generi rassicuranti, ripresa almeno nominale di un filone popolare come “film di Natale con De Sica”). E un po’ perché Natale a tutti i costi porta De Sica in un territorio che in realtà non è quello elettivo, la commedia familiare. E ancor di più il remake, stavolta della commedia francese Mes très chers enfants.
Possibile che avendo a disposizione una finestra natalizia e la presenza del suo attore più rappresentativo per il pubblico italiano si scelga di proporre un film che, al netto della sua discreta fattura e del suo piacevole garbo, così vagamente anodino? Ci sembra, piuttosto, un’operazione industriale (nobilissima) con cui la Colorado, specialista degli adattamenti, scommette sul binomio Natale-De Sica nella comfort zone di Netflix, dando all’interprete un tipico ruolo alla Diego Abatantuono.
E, da par suo, Netflix allarga la sua già nutrita library di titoli natalizi, con una commedia comprensibile ovunque. Ma, diciamolo, questo non è un cinepanettone. Non lo è per stile, forme, temi, colori, musiche. Lo è per superficialità giornalistica, semplificazione produttiva, ambizione sbagliata.
È un problema? No, ma che finisca in streaming è un segno dei tempi: si prende De Sica, l’attore più emblematico di un filone, e lo si propone nel periodo natalizio in un luogo altro rispetto a quello che ha lungamente presidiato con onore e in un contesto diverso da quello per cui è storicamente associato. È un’operazione che ha più obiettivi, tutti interessanti: costruire un contenuto di successo anche fuori dai confini, testare il protagonista in un altro genere, creare un nuovo filone.
Scritto e diretto da Giovanni Bognetti (che tra regie e sceneggiature è al nono remake, praticamente un’istituzione della pratica), Natale a tutti i costi mette al centro una coppia non più giovanissima (De Sica e Angela Finocchiaro, sempre impeccabile) che, stanca di essere ignorata dai figli ormai lontani da casa (Claudio Colica, star social, e Dharma Mangia Woods), millanta di aver ricevuto un’eredità di 6 milioni da una vecchia zia di Ceccano. Come previsto dai genitori, l’odore dei soldi riporta i figli sulle loro tracce: quanto potrà reggere la messinscena?
La commedia funziona, Bognetti conosce il mestiere, De Sica sa muoversi con consumato equilibrio tra battutacce a effetto e moti d’affetto senza dimenticare cattiverie sordiane, la chimica con Finocchiaro, Colica e Mangia Woods regge molto bene. Niente da dire, ma somiglia a una di quelle troppe commedie che affollano i nostri listini (e i nostri magazzini): inoffensiva, corretta, dimenticabile.