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n-Ego
Di Eleonora Danco, artista poliedrica e essere umano interessante, si può dire il contrario di, ma non tutto. Quando individui, discerni, indi reifichi, lei è già altrove o, meglio, altra cosa: Danco non la si prende, talvolta nemmeno comprende. Però, e bastano i titoli, il suo darsi è anti-storico, splendidamente inattuale: alla faccia dell'abilismo, si dichiara n-Capace; alla faccia dell'ego(t)ismo si nega, anzi, n-Ego.
È narcisista, come tutti ma meglio, però subito trascolora nel farsi - sì, è cattolico - prossima: limitrofa a sé stessa, contigua all'altro. Lì piazza la camera, e - a Torino dove ha presentato il film entrambi, ma non insieme, abbiamo visto la bella mostra Giorgio De Chirico 1924, che suggerisce e suggestiona - migra come un uccellino, un'uccelletta: sempre metafisica, laddove si volle surrealista, n-Capace, è ora classica, addirittura, un classico per pochi.
Ostinata ma non necessariamente contraria, travestita da, meglio, incarnata in manichino dechirichiano, Eleonora è un porto franco, un porto Danco, dove approdare pensando, e agendo, di partire: il suo è cinema dell'accoglienza, della desistenza, e della partenza - anche, sovente, per la tangente.
Con n-Ego, battezzato in Concorso al 42° Torino Film Festival, non si risparmia, ma si dà, ossia si astiene dalla prima persona totalitaria, per una garbata, camuffata e icastica idiosincrasia: tiene - solo la bocca è libera di favellare - la calza sulla testa, e la rapina è, per immagini, dell'immaginario.
Prende e ci porta via, dà e ci porta via, non ridondando l'Io, ma contemplando il Tu: parla pure lei, per carità, ma le talking heads sono altre, sono gli altri. Rapinatori, vittime, sicari di sé stessi, adolescenti, o un po' più, dal dito birichino e la condotta bacchettona, scommettitori e altri perdenti, fumatrici di cannabis, vuoti a rendere, assertivi praeter necessitatem, donne, uomini e altri disastri.
Il casting è regia in purezza, il caso umano, il campo ravvicinato: Eleonora sceglie ad libitum, ma l'esito è del rabdomante. Carsica per ineluttabilità, sorgiva per destino, sa eleggere lo straordinario, financo il mostruoso, a consuetudine umana: dicono tutti non la sua, ma la loro, che però diventa la sua, di Danco. Ecco come è l’opera seconda n-Ego, prodotta da Ines Vasiljević e Stefano Sardo per Nightswim, co-prodotta da Jean Bréhat e Fabrizio Mosca per Tessalit Productions e interpretata da Antonio Bannò, Luca Gallone, Federico Majorana, con le partecipazioni di Filippo Timi e Elio Germano
Su tutto, dà nell'occhio il trucco pesante apparecchiato ancor prima della doccia - e pazienza se il sorrido riveli denti mancanti. Su tutto, e medesimo è il soggetto, dà nel cuore la virtù di dire della violenza, di genere, dell'ex con una liberalità, una libertà da dare i brividi.
Affrontando temi quali identità, solitudine e creatività, affiorando la condizione sociale, dunque disuguaglianze e ammaloramenti quotidiani, n-Ego perfeziona l’autenticità di un disperato, e giammai disperante, sentire: da Terracina a Sperlonga, da via Giulia agli “sprofondi”, lo stato dell’arte è l’arte dello stato umano.
Succede quando – e l’abbrivio di Danco dramatis persona è la crisi esistenziale - la parte trova l'arte, in una comunione di umanissimi sensi: Danco non ruba la scena, stavolta preferisce scippare la realtà e, Robin Hood mascherata qual è, dare ai poveri. Noi poveri di immaginazione.
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