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Mr. Nobody
Nel 2092, l'ultimo essere umano "mortale" della Terra è prossimo alla fine. E' Nemo Nobody, quasi 120 anni, chiamato a ripercorrere attraverso il ricordo/i ricordi, la propria esistenza. Che non è stata solamente una, ma un insieme sovrapposto di differenti infanzie, adoloscenze e vite adulte, di amori (Anna, Elise e Jean), momenti felici, eventi tragici, morti e rinascite. Conseguenze di una scelta impossibile (a 9 anni, sulla banchina di una stazione, Nemo deve decidere se prendere il treno che porta via la madre o rimanere lì con il padre), impossibilità di prevedere le reazioni per ogni singola azione, ognuna delle sue esperienze meriterà di essere vissuta. Ancora una volta, mai e per sempre.
Potente e suggestiva riflessione sullo scorrere del tempo, ambizioso affresco filmico sulle infinite possibilità che contraddistinguono ogni singola esistenza, amaro apologo metalinguistico sulla finitudine e l'inevitabile dolore che accompagna le scelte nel corso di una vita: uno, nessuno e centomila, Mr. Nobody di Jaco Van Dormael - stasera in Concorso al Lido - è tutto questo, affabulazione più, ridondanza meno. Perché il nuovo film scritto e diretto dal regista belga (lavorazione travagliatissima, coproduzione europea con budget stimato intorno ai 60 milioni di dollari per una prima versione che prevedeva oltre tre ore di lunghezza), tornato al cinema tredici anni dopo L'ottavo giorno, ha dalla sua il prestigio di intrecci e situazioni visive care al "Kaufman touch", ma alla fine rischia di girare troppo a vuoto, ripetendo un percorso che sfonda le barriere della narrazione per approdare - cullato da una colonna sonora al limite dell'"over phoning" (dalla Casta Diva della Callas al solito Satie, passando per il Pavane di Fauré e Where is My Mind dei Pixies) - nei sintetici lidi del loop.
Un'opera complessa, irrisolta ed emozionante, sorretta dall'interpretazione totale di un Jared Leto sofferto e trattenuto, circondato da un "parterre de femmes" di prim'ordine: la disturbata Sarah Polley, l'innamorata Diane Kruger, l'algida Linh-Dan Pham.