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Corpi che deflagrano sullo schermo, volti ammiccanti, bikini d’ordinanza, guêpières provocanti. Fingevano di raccontare il mondo e invece i documentari sulle notti, talvolta anche i giorni, delle capitali europee e non solo erano un pretesto per mostrare la bellezza femminile.
In voga negli anni ‘60 i ‘film mondo’, come vengono etichettati, sono un’occasione per riflettere sull’uso del corpo della donna. Ed è importante farlo oggi, in un momento di massimo riscatto del pensiero femminista e conseguente messa al bando di modelli erotici tratteggiati da mano maschile.
Sesti, critico cinematografico e studioso oltre che regista, affronta il tema dell’immaginario erotico legato al corpo della donna immergendosi in un mare magno di film d’epoca e tirandone fuori alla fine un saggio di evidente complessità.
La riflessione parte da Roland Barthes e scandaglia ogni piega del guardare voyeristico. Lo schermo si duplica, i particolari giganteggiano, il ralenti moltiplica l’effetto anche grazie al sapiente lavoro sulle immagini di Gianluca Abbate e Virginia Eleuteri Serpieri.
Ad accompagnare il cammino, le parole di critici e studiosi che illuminano il senso ultimo di una produzione certo di non grande fascinazione estetica ma di sicuro interesse sociologico.
Mondo sexy rivela dunque, grazie alla distanza temporale, come è cambiato lo sguardo sul corpo della donna che, da oggetto, si è fatta soggetto.
Se la strada da percorrere è ancora lunga, molta per fortuna è stata fatta. Negli anni ‘60 invece l’esibizione della bellezza quasi nuda, mai del tutto per non incorrere nella censura, era mostrata quasi come segno di libertà. Se ammicco sono padrona di me stessa, se mi spoglio sono libera.
Certo, la provocazione era innocente e inoffensiva, buona a solleticare un desiderio maschile tutto sommato casalingo anche con la silenziosa compiacenza di mogli e fidanzate. Per far esplodere modelli e iconografie ci vorrà ancora qualche anno, poi la rivoluzione dietro l’angolo costringerà a ridefinire sguardi e narrazioni.