L’incendio di Smirne, il massacro dei greci da parte dei turchi. Un fantasma che aleggiava su Indebito del 2013. La musica era parte di una memoria dolente, disperata. La potenza del ricordo ha sempre attraversato il cinema di Andrea Segre. E in Molecole, evento di preapertura della Mostra di Venezia, si manifesta come una necessità di riconciliazione con il passato.

Segre realizza il suo documento più intimista, in cui si mette a nudo, in prima linea. La sua voce ci guida per tutto il viaggio, Venezia diventa il riflesso del suo rapporto col padre: vicino, lontano, domande che non potranno essere mai poste, rimaste irrisolte.

Il regista, isolato dal lockdown nella sua Venezia, unisce lo sguardo personale a quello di studioso di etnografia, attento allo spazio in cui si vive. Si fa “migrante” nel suo incontro/scontro con la città, nella sua difficoltà di sentirsi parte del sistema, nel suo bisogno di poterne uscire. La questione diventa: si può odiare il luogo che ci protegge? Capirlo? A rispondere sono i più coraggiosi.

 

Nonostante l’acqua in casa per cinquanta giorni all’anno, una coppia non vorrebbe mai abbandonare Venezia. Una vogatrice le dichiara la sua passione lungo i canali, mentre incombe l’ombra della pandemia. Le immagini del capoluogo deserto sono uniche, la Laguna è piatta come uno stagno. Ed è qui che si torna alla desolazione dell’anima, alle assenze che ci accompagnano in eterno dopo un lutto.

Le molecole del titolo sono quelle che “compongono” il Covid-19, ma siamo anche noi, soli per le strade, quando il contatto umano ci viene negato. Nella sua semplicità, Molecole è una ricerca di senso che forse non è mai stata così attuale, impreziosita dai notevoli componimenti di Teho Teardo. È una traversata nei segreti di famiglia, nelle fondamenta di un luogo sempre in equilibrio sull’acqua. È l’altra faccia della cronaca, dei numeri della pandemia. È il silenzio.

Andre Segre lo spiegava già nel 1999, con Berlino ’89-'99 – Il Muro nella testa. Il Muro non era solo una questione fisica, ma anche mentale. Allo stesso modo Venezia non è fatta dei suoi sontuosi palazzi, delle orde di turisti. Ciò che vediamo a occhio nudo spesso non svela la verità. Bisogna andare oltre, da Piazza San Marco ai legami più stretti, alle emozioni. Per non essere più molecole solitarie, ma sostanze unite dalla consapevolezza.