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Miles Teller e Anya Taylor-Joy in Misteri dal profondo, Copyrighted Apple TV +
Scott Derrickson non è soltanto un bravo regista di horror ma possiede un bagaglio teorico tale che i suoi film di paura sono sempre anche film sulla paura. Saranno stati gli studi di teologia, ma la dimensione misterica, se non esoterica, delle immagini nei lavori migliori, rappresenta una singolarità nel panorama dell’horror americano, dove il soprannaturale non sempre è speculare al trascendentale. Sinister, L’esorcismo di Emily Rose o Black Phone sono invece film che stimolano la riflessione, che possono tranquillamente mettere i brividi ed essere discussi in un seminario di teologia. Il nucleo religioso di questo lavoro si incastra dentro un approccio organicamente visuale, che lavora sull’ambivalenza-ambiguità del segno (Emily Rose), sul potere occulto delle immagini (Sinister), sui confini tra manifesto e non manifesto (Doctor Strange), visibile e invisibile (Liberaci dal male, Black Phone). I film di Derrickson, al cui interno troviamo spesso spettrali frammenti analogici (il regista è tra i firmatari del progetto collettivo V/H/S/85), sembrano chiederci ogni volta chi sta guardando chi guarda? mettendo in questione prima di tutto lo statuto ontologico del cinema, sia pure dentro la scatola del genere.
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Miles Teller e Anya Taylor-Joy in Misteri dal profondo, Copyrighted Apple TV +
Anche il suo ultimo lavoro, The Gorge, malamente tradotto con Misteri dal profondo , disponibile su Apple TV + dal 14 febbraio, si situa all’interno di questo orizzonte teorico/narrativo, con esiti però meno convincenti. Il film prende le mosse da un sottofilone in voga in questi anni, che potremmo chiamare l’horror delle Bermude. In omaggio al famigerato Triangolo, meridiano geografico di ogni dimensione alternativa, oscura, malvagia, conficcata nella carne del reale. Come una porta sull’Altrove lasciata sventuratamente aperta. Una situazione tipicamente lovecraftiana, che ha fatto proseliti nel cinema, nella serialità (Stranger Things, Dark, 1899, The Terror) e nei videogiochi (Silent Hill).
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Misteri dal profondo, Copyrighted Apple TV +
In The Gorge questo luogo è una “gola” misteriosa, che i servizi segreti di due potenze atomiche come Stati Uniti e Russia – in un revival un po’ posticcio da guerra fredda – vogliono tenere nascosta. Come la grotta di The Descent è una cavità reale e insieme metafisica, che cela i segreti della sua dannazione. Derrickson, che si era già cimentato in riproduzioni infernali ai tempi di Hellraiser 5 (2000) e che ha a lungo accarezzato il sogno di una trasposizione del Paradiso perduto di Milton, deve essersi sentito calamitato in un progetto non suo ma che gli consentiva, con i soldi di una piattaforma, di realizzare una personale visione dell’Oltretomba. Intorno alla fenditura maledetta, Derrickson, probabilmente per valorizzare la presenza di un terzetto composto da Miles Teller, Anya Taylor-Joy e Sigourney Weaver, deve però anche immaginare una improbabile love story sullo sfondo di una cold war fuori tempo massimo (più credibile sarebbe stato un assetto geopolitico USA-Cina, ma è probabile che abbiano prevalso ragioni di casting…).
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Sigourney Weaver in Misteri dal profondo, Copyrighted Apple TV +
Non che Derrickson non tenti qualcosa di più audace di un curioso spy-romance dentro la cornice di un fanta-horror. La situazione in cui si trovano i due guardiani della gola – Teller per parte americana, la Taylor -Joy per parte russa – gli consente di allestire un corteggiamento muto e a distanza di binocolo, utilizzando come unici strumenti di comunicazione la mimica e i cartelli, così stabilendo una volta di più il primato del visivo sull’azione. La missione del resto è nascosta, i due sono schermati e quel vedersi ha il sapore di un riconoscersi. La cosa divertente è che il gioco del riconoscimento è allargato al pubblico, mentre il personaggio della Taylor-Joy fa un’imitazione inconsapevole de La regina degli scacchi e di Furiosa, e Miles Teller suona una finta batteria ricordandosi delle sue rullate in Whiplash. Il fatto che siano entrambi due formidabili cecchini e che intrattengano anche con la morte un rapporto mediato dallo sguardo a distanza di mirino (tanto più distante, tanto più riuscito) è una ridondanza di quell’assetto ottico su cui si regge l’operazione di Derrickson.
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Misteri dal profondo, Copyrighted Apple TV +
L’altro aspetto è che entrambi sono personaggi rotti. È perfino scontato, in un’accezione cristiana come quella cara a Derrickson, che i due protagonisti decidano di contravvenire alle leggi del mondo (stabilite per interposta persona dalla logica razional-strumentale del personaggio di Sigourney Weaver) oltrepassando lo schermo di separazione e accettando il rischio dell’incontro ravvicinato. La storia della salvezza è fatta di carne.
I problemi del film iniziano però quando passa all’azione. Nel senso dell’action. Qui il regista rivela più imbarazzo. E in effetti ripensando ai precedenti lavori di Derrickson salta all’occhio una certa staticità. Una costrizione dettata anche dallo spazio fisico. L’esorcismo di Emily Rose era ambientato in un’aula di tribunale; Sinister in una saletta di proiezione all’interno di una casa; The Black Phone in uno scantinato. E anche quando si è cimentato con un marvel movie, lo ha fatto per il più atipico dei personaggi di quella galassia, ovvero Doctor Strange, che è più uno stregone che un supereroe. Lo spazio che non poteva essere percorso finiva per diventare spazio da attraversare, in un movimento interiore, mentale e comunque al di fuori dalle coordinate fisiche. È la frattura che nell’horror religioso spodesta la stasi del cinema trascendentale, così come teorizzata da Schrader.
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Anya Taylor-Joy in Misteri dal profondo, Copyrighted Apple TV +
The Gorge invece impone una discesa agli inferi da Mission Impossibile, con esplosioni, sparatorie, combattimenti corpo a corpo, ardite prove di sopravvivenza, che si dipanano scontatamente e finiscono per soverchiare anche la dimensione della terrificante meraviglia, al cospetto di una realtà sovrannaturale da scoprire. Con tanto di spiegone finale non richiesto sulla sua origine, che toglie ulteriore forza a quei misteri dal profondo del titolo italiano.
Resta così un film incompiuto, attraversato da suggestioni –affascinante l’incursione negli Uomini vuoti di Eliot, ad esempio, in un film del genere – che faticano però a ricomporsi in un quadro sufficientemente coerente. Derrickson ha delle belle intuizioni ma finisce per restare un po’ ingolfato dal dispositivo di scrittura (la sceneggiatura è di Zach Dean) e, immaginiamo, dallo scarso affiatamento con le logiche produttive dello streaming.
Resta il dubbio: un audace film dell’orrore sporcato dalle ingerenze del committente o un dignitoso lavoro su commissione con momenti di vero cinema dell’orrore?