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Il ritorno di Michel Gondry dietro la macchina da presa è una lode, entusiasta e partecipe, all’adolescenza e all’amicizia. Daniel, quattordicenne introverso con una passione per il disegno, per tutti a scuola è “Microbo”, a causa della bassa statura; vessato dai soliti bulletti e impacciato con le ragazze, Daniel vede un’occasione di riscossa grazie all’arrivo di Théo, adolescente dotato di un’arguzia degna di un bohèmien e di un certo talento per la meccanica - ne fa fede il soprannome “Gasolina”.
I due ragazzi, solitari per vocazione e circondati da famiglie distratte, costruiscono un veicolo a quattro ruote dal motore di un tosaerba e partono per un viaggio estivo alla scoperta della Francia, un itinerario dal quale, e non poteva essere altrimenti, torneranno con le idee più chiare sulla propria vita.
Microbo e Gasolina, come si vede, fonde il buddy movie con il road movie, aggiornando la consueta riflessione sull’adolescenza come periodo di presa di consapevolezza personale: nulla di nuovo sotto il sole, ma il tocco del regista si avverte nell’atmosfera di stralunata malinconia che impregna di sé l’intero film, nell’amarezza di fondo che spinge Daniel a rifugiarsi nel disegno e induce Théo a parlare come un esistenzialista in erba. Più sobria ed essenziale che in passato, infine, la regia di Gondry conferma la propria attitudine alla messa in scena dei sentimenti e soprattutto della difficoltà di esprimerli, celando, sotto la patina del viaggio spensierato, l’eterna inquietudine di essere se stessi.