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Mentre il cinema filippino continua a essere un illustre sconosciuto per il nostro pubblico, serve un regista inglese per raccontarci il caos di Manila. Già nel 1979 Lino Brocka mostrava la faccia crudele della capitale, in Giaguaro, forse l’unico suo film distribuito regolarmente nelle nostre sale. Oggi ogni grande festival presenta l’ultima opera di Brillante Mendoza e Lav Diaz si porta a casa un Leone d’Oro. Lontano dalle nostre platee però, che forse preferirebbero vedere un ritratto in diretta delle Filippine senza il tramite di un pur bravo regista straniero. Sean Ellis racconta di una Manila dannata, che rigetta un povero contadino emigrato dalla campagna, dalle risaie alla megalopoli. In Metro Manila, la città è un mostro tentacolare senza pietà. Il pover’uomo alla ricerca di un qualunque lavoro rimane stritolato dalla vita urbana e deve capitolare davanti alla corruzione. La metropoli si rivela popolata di reietti e la criminalità regna sovrana nella polizia. Gli uomini onesti hanno conosciuto la violenza e si sono ribellati diventando più cattivi degli assassini. In Metro Manila il sole sembra non sorgere mai.
Oscar Ramirez è un contadino con una moglie bellissima e due figli piccoli. Si spacca la schiena nelle risaie della provincia di Banaue, nel Nord del Paese, ma non guadagna abbastanza per sfamare la sua famiglia. Spostarsi a Manila sembra l’unica possibilità per sfuggire alla miseria. Oscar deve trovare disperatamente di che vivere e, grazie al tatuaggio dell’esercito che ha sul braccio, finisce col difendere i furgoni portavalori. Intanto sua moglie balla in una sorta di night club per disperati.
Il cameratismo di Oscar con Ong, il suo partner poliziotto, lo aiuta nel quotidiano, e i due insieme sembrano dimostrare che non tutto è perduto. Ma la dura realtà distrugge ogni ambizione e ogni cosa rischia di vacillare. Metro Manila è un film dalle molte facce, va dal poliziesco all’heist movie, dalla storia d’amore al dramma a tinte fosche. Oscar è un padre amorevole, un marito devoto, ma non riesce a evitare che la moglie, durante le sue penose esibizioni, si faccia palpeggiare da vecchi bavosi. Quando condividono il cuscino si sorridono, ma tutti e due sperano di svegliarsi presto da quest’incubo. L’intimità della coppia scorre parallela al lavoro del marito, che deve confrontarsi con una delinquenza spietata. L’ex partner di Ong è stato ucciso durante una rapina e ogni giorno Oscar non sa se rivedrà i suoi bambini. Il colpo di scena arriva poco oltre la metà della storia e l’equilibrio del protagonista si rompe per lasciare spazio alla tensione.
Metro Manila può vantare una sceneggiatura solida, che non cade nelle trappole del genere e riesce a orientarsi nel labirinto della narrazione. La famiglia resta il punto focale. Oscar deve proteggere le mura domestiche e i suoi compagni d’armi come un cavaliere che, nonostante tutto, non vuole arrendersi. Ma non basta un soldato valoroso per vincere una guerra. Forse il mondo di Sean Ellis non vuole essere salvato.