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Methamorphosis
Il testo di partenza è un canone della medioevale cultura sapienziale persiana (La conferenza degli Uccelli del poeta e mistico Farid al-Din ‘Attar), la trasposizione che ne fa Michele Fasano è un’opera aggregante e attualizzante, dalla tavolozza variopinta, dalla vena paideutica, pacifista e spiritualista. Methamorphosis, insomma, come riunione, anzi armonia di stili, forme, civiltà, miti, biografie, religioni. E purtroppo guerre e genocidi.
Del libro sopravvivono gli uccelli pellegrini; il viaggio a tappe attraverso le 7 valli per conoscere il loro re Simurgh; l’upupa come guida; la varietà di specie; la dottrina allegorica (Dio è nella totalità); la progressiva, allegorica decimazione dei viaggiatori.
Nuova è l’attuazione storica, la scelta di Fasano di portare l’allegoria nelle braccia dell’attualità bellica. Così, dalle mutazioni dei volatili in umani, dell’animazione che sfocia nel doc, il film si fa meditazione, preghiera e appello sulle conseguenze delle lacerazioni per motivi di fede che hanno insanguinato nei secoli e insanguinano ora Oriente e Occidente.
Una lenta, stuporosa panoramica alla volta, scorrono i reticolati di Tirana e i mosaici di Moscopoli, le danze nunziali nella sinagoga di Istanbul e la moschea dell’isola di Büyükada, i deserti di Damasco e la Salonicco sotto il Nazismo sterminatore degli ebrei sefarditi, la cappella di Adamo a Gerusalemme, i bambini che giocano sul monte Calvario e i migranti in viaggio nel Mediterraneo. A unirli bombe, sangue, devastazioni e macerie, soprusi.
Eppure a Fasano non manca la speranza, l’ostinazione a sottolineare l’uguaglianza di destini, la voglia di cercare una fratellanza oltre le ferite, una “religione dell’amore” che superi le divisioni. Tra doc, animazione, repertorio e fotografia, tra ebraismo, cristianesimo e islamismo, tra la Puglia, la Grecia, la Turchia, l’Albania e la Galilea, il regista, anche sceneggiatore e produttore, usa la cornice allegorica e le potenzialità drammaturgiche della favola per unire vicende, volti, storie, persone esempi di resistenza nella mattanza.
Dagli sgargianti uccelli in viaggio, si arriva alle storie di uomini e donne: ecco Monika (Albania), Abdurrahman (Turchia), Jihad (Siria) e Susan (Israele). Da questa prospettiva umanista di sguardo e di metodo, Methamorphosis predica, nelle ricchezza visuale, nel collezione mai meccanica, ma accurata di linguaggi (il rotoscoping e i filmati di repertorio, le fotografie e i videoclip), nell’incedere fiabesco del viaggio aereo, una comunione superiore che tutte le religioni unisca, che tutte le religioni, nell’unità, trascenda.
O in altre parole, l’ecumenismo di una comunità unificata perché umana (e viceversa) che si riconosca al di là di tutte le religioni, nelle religiosità innata che unisce tutti gli uomini di tutti gli angoli della Terra.
Methamorphosis come forma di pacificazione filosofica e spirituale, come resistenza culturale. L’unità nelle differenze come risposta alla guerra in un mondo in cui, come sussurra un personaggio, finalmente “ogni cosa partecipi della sua molteplice differenza”.