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Maze Runner
Correre, picchiare, scatenare il finimondo e poi ricominciare da capo. Il ritornello non cambia e continua per tutti i 141 minuti del terzo (e ultimo) capitolo della saga di Maze Runner. Il divertimento da popcorn regna sovrano, e lascia l’amaro in bocca pensando alla lucidità del primo film, un teenager movie ricco di colpi di scena e suspense. Il labirinto era al centro di un universo oscuro, di cui lo spettatore non conosceva quasi nulla, tranne le urla di chi veniva divorato dai mostri nascosti nell’oscurità. Una gabbia, una luce fortissima e poi una radura, queste le prime immagini che proiettavano lo spettatore in un mondo selvaggio, famelico, pronto a massacrare i più deboli.
Maze Runner nasceva come una saga per adolescenti che voleva essere un’allegoria della nostra società. I giovani non hanno più spazio, sono soffocati da un sistema che preferisce respingere invece di dare qualche possibilità. La crisi martella le tasche del cittadino medio, e trovare una professione rasenta la missione impossibile. L’unica soluzione, all’epoca, era esiliarli in una realtà parallela, come topi da laboratorio, cavie di illustri scienziati mentre cercavano di sopravvivere. Potrebbe sembrare lo spirito di Hunger Games, ma non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze, anche perché qui le donne tramano nell’ombra invece di lanciare frecce e proporsi come paladine degli indifesi.
Col secondo film, le buone premesse si erano perse nel labirinto, ormai archiviato. In Maze Runner – La fuga, scoprivamo che i ragazzi dovevano essere dissanguati per trovare la cura a un misterioso virus, che trasformava la popolazione in “spaccati”. Per farla breve: zombi, con un’ambientazione a cavallo tra Io sono leggenda e The Walking Dead. Niente di nuovo, botte da orbi, corse a perdifiato e intrattenimento all’acqua di rose. Maze Runner – La rivelazione segue la falsariga della storia precedente, e si propone come un cocktail di inseguimenti e sparatorie, figlie del mondo videoludico di Call Of Duty e delle mirabolanti avventure in salsa Fast & Furious e Mad Max, con l’aggiunta di un universo distopico che pesca a piene mani dal cinema di genere.
Avevamo lasciato Thomas, il protagonista, tradito dall’amore, ma pronto a combattere per salvare il suo amico Minho dalle grinfie della WCKD, i cattivoni di turno. Oggi, come ogni eroe che si rispetti, non indietreggia davanti al pericolo, è bello e coraggioso, e si prepara a riportare la pace nel regno. A supportarlo ci sono i compagni di sempre, con qualche new entry, e i soliti Giancarlo Esposito (narcotrafficante di Breaking Bad) e Barry Pepper (l’indimenticabile cecchino di Salvate il soldato Ryan). Il villain è Aidan Gillen, che sembra ancora essere nel Trono di spade e recita come se fosse Littlefinger. La trilogia è chiusa, Maze Runner è giunto al capolinea: vedremo se ci sarà qualcuno a raccogliere il testimone nell’era di Netlix e delle serie televisive.