Chi era Mauro Rostagno? Dimenticato tra i grandi eroi della lotta alla mafia “forse perché diverso da quelli che lo hanno preceduto e seguito” ce lo racconta Roberto Saviano questo documentario Sky Original: Mauro Rostagno. L'uomo che voleva cambiare il mondo.

Prodotto da Sky e Palomar in associazione con Sky Studios, diretto da Giovanni Troilo su soggetto e sceneggiatura dello stesso Saviano e Stefano Piedimonte, il doc attraverso interviste, testimonianze (di familiari e non), filmati d’archivio, in modo commovente e toccante, ripercorre la vita di un uomo che con coraggio, ironia e sprezzo del pericolo ha combattuto la mafia.

Si parte dagli studi di sociologia a Trento al 1968 e dalla sua esperienza ai vertici di Lotta Continua e si prosegue raccontando il ‘Macondo’, centro sociale ante litteram della Milano anni settanta, da lui fondato, e poi il suo viaggio in India, a Poona, dove si unirà agli arancioni del guru Osho. E ancora: la fondazione, una volta tornato in Italia, nel 1980 della comunità Saman vicino Trapani, insieme a Francesco Cardella, ispirata agli insegnamenti di Osho, poi divenuta comunità terapeutica per il recupero di persone tossicodipendenti (“il tossico non deve espiare delle colpe, ma essere aiutato per questo abbiamo scelto un posto bello”, questo il suo pensiero). Lavora da giornalista e conduttore per l’emittente televisiva locale Radio Tele Cine, intervista Paolo Borsellino e Leonardo Sciascia, indaga su Cosa nostra e il suo potere, denunciandone le collusioni con la politica locale e diventando di conseguenza una ‘camurria’, cioè uno che dava fastidio.

La verità è che Rostagno è un uomo che sfugge a qualunque etichetta e classificazione. E questo suo tratto distintivo ben emerge attraverso questo doc diviso in due parti. La prima sulla sua vita, che affronta anche il lato più privato: dal suo primo matrimonio, quando era ancora giovanissimo, a Torino, con Maria Teresa Conversano, da lei ebbe la prima figlia, Monica, al suo grande amore, la compagna Elisabetta Roveri, per tutti detta Chicca, conosciuta nel 1970 all’università di Milano (un incontro nato con uno strano presupposto: “Non ci dobbiamo innamorare e poi tu non sei neanche tanto bella”) e dalla quale ebbe Maddalena. E la seconda parte sulla sua tragica morte, avvenuta il 26 settembre del 1988. Rostagno fu assassinato in un agguato da uomini nascosti ai margini della strada a poche centinaia di metri dalla sede della Saman all’interno della sua auto, una Fiat Duna DS bianca. Poi le successive indagini: ci sono voluti anni di ricerche per ottenere verità e giustizia, nel labirinto di incompetenze, occultamento di prove e relativi depistaggi. Fino al processo per individuare i suoi assassini istruito dopo ben 23 anni dall’omicidio.

Un doc dunque necessario che ci fa conoscere un uomo fuori dagli schemi, rivoluzionario, che sognava un mondo migliore e che faceva di tutto per combattere la disgregazione. Una voce scomoda che di denuncia aveva fatto una missione. A un certo punto in una testimonianza Elisabetta Roveri afferma: “Ha finito la sua battaglia dicendo dove lo Stato è forte la mafia non c’è confidando nello Stato italiano. Che ci ha messo un po’ a riconoscerlo, ma adesso c’è”. Bene, ora Rostagno possiamo (ri-)conoscerlo anche in questo bel documentario.