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Il cinema italiano non rivolge alcun interesse nei confronti di chi è sospeso tra postumi dell’adolescenza e l’età adulta, appartiene al ceto medio e si trova più vicino ai trent’anni che ai venti. Mentre i loro fratelli e sorelle minori sono i protagonisti della new wave dei teen drama by Netflix o dei drammi di periferia e quelli maggiori sono reduci di una commedia a metà tra Gabriele Muccino e Paolo Genovese, i millennials non hanno trovato nel formato cinematografico lo spazio per un romanzo generazione che possa essere.
Pensiamo agli attori nati dopo il 1990: sono voci e/corpi di una generazione? Raccontano ansie e allegrie, gioie e dolori, limiti e prospettive di un corpaccione spesso banalizzato, ridotto a macchietta (presi dalla movida o acciambellati sul divano, come sostengono i principali editorialisti) e certamente poco conosciuto? No.
Già solo per questo è un piacere che i trentacinquenni Alessandro Guida e Matteo Pilati, i registi esordienti di Maschile singolare, abbiano voluto rivendicare il diritto di cittadinanza nel cinema italiano per questa generazione. Poi perché emancipano il racconto di un microcosmo omosessuale dal film chiuso nel suo “filone”, soprattutto evitando le trappole dell’ammiccamento ad altri modelli, in primis Ferzan Özpetek (che a sua volta deve molto, è noto, a Pedro Almodòvar). C’è piuttosto un sorridente aggiornamento di Giuseppe Patroni Griffi nel raccontare il quotidiano e l’erotismo che sa rappresentare anche gli altri orientamenti sessuali.
Guida e Pilati ci riescono perché si fanno forti di un coefficiente di autenticità in grado di rendere il particolare universale, individuando una serie di tipi umani che ben raffigurano il tempo della loro età: lo smarrimento emotivo che contraddistingue il passaggio esistenziale, lo spaesamento dato da un contesto lavorativo mutante le cui contraddizioni ricadono sugli ultimi arrivati, la tendenza all’assoluto romantico come residuo adolescenziale.
In una Roma dolcemente invernale, Maschile singolare parte da un trauma: quello di Antonio (Giancarlo Commare, classe 1991 e star di SKAM Italia), adagiatosi nella disoccupazione perché tutelato dal lavoro di un marito sposato forse troppo presto. Tradito dunque lasciato, è costretto a lasciare casa e a inventarsi una vita, che trova nella stanza in affitto di Denis (Eduardo Valdarnini, 1991), un gay camp che si diverte – e occupa i vuoti – organizzando incontri occasionali tramite app di dating.
Attraverso questo nuovo amico conosce Luca (Gianmarco Saurino, nato nel 1992 e volto popolare della serialità di Raiuno), già adocchiato in palestra, che ha un panificio e cerca un aiutante. E, entrato anche lui nel vortice dell’app di incontri, s’imbatte in Thomas (Lorenzo Adorni, 1992), che gli promette amore e futuro. Sicuro che vada tutto bene?
Anche qui Guida e Pilati (sceneggiatori insieme a Giuseppe Paternò Raddusa) scelgono una strada meno ovvia, costeggiando la malinconia quale elemento fondante del racconto di formazione, con un bel finale a San Lorenzo. Confezione elegante e internazionale (giusta la collocazione nel pacchetto di Amazon Prime Video), passo svelto con qualche cedimento nella seconda parte più amarognola, Maschile singolare permette al cinema italiano di ragionare sull’essere maschi in questo momento e offre un attendibile spaccato umano e sociale abitato da persone abituate a vivere in clan tra cene e aperitivi (l’amica del cuore di Antonio è interpretata da Michela Giraud, lanciatissima comica romana), nei fatti sessualmente emancipate ma in fondo affezionate all’idea di un amore romantico con cui condividere tutta la vita.