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Una scena di
Mars
Cosa resta a chi, lontano dalla capitale Mosca, il socialismo ha fatto sognare libertà, emancipazione, ricchezza? Ben poco. Talmente poco che l'unica cosa rimasta agli abitanti del piccolo paese di Marks (ma la k del cartello che giganteggia sulla stazione ferroviaria è andata perduta...) sono proprio i sogni. Il principale dei quali è andar via e farsi una vita altrove. Ed è proprio qui, a causa di una mancata coincidenza ferroviaria, che si ritrova Boris, pugile in fuga dalla propria vita dopo che l'ennesimo K.O. ne ha messo in crisi le certezze. Tra onnipresenti peluche (sfornati in quantità pazzesca dalla fabbrica del paese, che ci paga anche gli operai), stralunati autoctoni e un fulmineo quanto distruttivo triangolo amoroso, saranno proprio i sogni, alla fine, a dare un sapore meno amaro alla realtà quotidiana.Anna Melikian, classe 1976, ha esordito nel 2004 con questo piccolo film che solo adesso, in sordina, giunge in Italia mostrando quel che di buono faceva presagire la sua autrice (la quale, nel frattempo, si è ripetuta: Rusalka, suo secondo film, è passato all'ultimo Festival di Berlino nella sezione Panorama). Un notevole talento visivo, in primis, un pregevole lavoro sui volti (ottimi gli attori) e sui luoghi, un'atmosfera rarefatta e un'estemporaneità che conquista, malgrado qualche perdonabile caduta estetizzante (la citazione "a ogni costo" de L'atalante). La sceneggiatura, lineare e "già vista" rispetto a quelle di certi numi tutelari messi un po' frettolosamente a paragone (di Tarkovskij, obiettivamente, c'è ben poco), conquista quando, oltre al facile gusto del bizzarro, sa incrociare abilmente i destini di tre personaggi - il turista forzato, la bella bibliotecaria, il sognatore - messi insieme più dal Caso anziché da un disegno superiore. Personaggi che non significano nulla l'uno per l'altro, ma hanno un valore solo per se stessi. Abbandonati su Marte da chi, un tempo, sulla Terra, aveva loro promesso pane e speranza.