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Mariupolis 2
Sei anni fa il regista lituano Mantas Kvedaravičius aveva raccontato la città di Mariupol, nell’Ucraina orientale, in Mariupolis: l’andare avanti della vita di tutti i giorni in un luogo – il Donbass – teatro di un conflitto tra i separatisti filorussi e il governo ucraino. Spari ed esplosioni in sottofondo, ma anche il rintocco delle campane di una chiesa ortodossa, il via via del tram, la vita che tutto sommato continuava nonostante la minaccia.
A fine febbraio 2022 quel conflitto si è tramutato, l’invasione russa in quei territori ha riportato Kvedaravičius lì a Mariupol, per filmare nuovamente la quotidianità degli abitanti di fronte ad una minaccia ancora più consistente.
È Mariupolis 2, che il Festival di Cannes ospita in Special Screening (dopo aver ospitato in collegamento diretto il presidente Zelensky durante la cerimonia d’apertura), film postumo portato a compimento da Hanna Bilobrova, coautrice del documentario e fidanzata di Kvedaravičius, rimasto ucciso ad aprile mentre tentava di fuggire dall’Ucraina a bordo di un’auto.
La testimonianza filmata si concentra all’interno e subito nei dintorni di una chiesa battista che ospita, come può, un manipolo di persone rimaste senza casa, alcune senza affetti, private di ogni cosa in seguito ai bombardamenti sulla città.
In un’ora e 45 minuti, Kvedaravičius non mostra combattimenti, non intervista soldati, filma “semplicemente” la gente comune nel momento più difficile della propria esistenza, quello dove l’unica cosa che ti è rimasta da fare è sperare di sopravvivere.
“Ho lavorato 32 anni, ogni giorno, e nel giro di un attimo sono diventato povero”, racconta un uomo mentre mostra le macerie della propria abitazione.
Se in Mariupolis (disponibile su Arte.tv per il territorio francese) la vita andava comunque avanti, qui la vita si è fermata.
Nessun accompagnamento musicale, la colonna sonora è data dalle continue esplosioni e colpi di mortaio che arrivano dapprima in lontananza, poi sempre più prossimi, nessuna ingerenza “mediatica” o politica, qualche parola lasciata a chi, nel frattempo, su un fuoco tirato su alla bell’e meglio sta cercando di preparare un pasto per tutti (“sono anni che si susseguono i governi dei ‘migliori’, mentre la nostra situazione peggiora. Forse non conviene che a governare ci vadano i migliori a questo punto…”).
E la camera fissa, al tramonto, o di notte, su un orizzonte dove le colonne di fumo e il rosso luminoso delle esplosioni aumentano d’intensità.
Un documento, quello di Kvedaravičius, che sicuramente lascerà l’amaro in bocca ai tanti sensazionalisti di guerra, ma che invece diventa necessario proprio per ristabilire i confini tra il suggerimento di un orrore, di una continua tensione e la pornografia dell’immagine.
Mariupolis 2Raccogliendosi in preghiera, sperando che tutto questo possa terminare prima possibile, avendo la fortuna di portare in salvo la propria vita. Fortuna che il regista lituano non ha avuto.