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Marie Antoinette
Sofia Coppola, pur scivolando nel passato, resta affezionata alle sue giovani donne recintate e perse nello stretto mondo in cui si trovano a vivere. Dopo le vergini suicide dentro un'opprimente famiglia americana, dopo la giovane americana spaesata a Tokyo, Maria Antonietta è un'altra teenager che non può essere tale, che parte dalla reggia di Vienna per la reggia di Versailles senza mai attraversare e conoscere il mondo. Vive (vive?) tra riti, vestizioni, balli, pranzi e feste, con accanto un marito re incapace a tutto. La soffocano i troppi dolci, pesanti vestiti, infinite scarpe, pizzi, crinoline, tutto l'armamentario di fine Settecento che le impedisce di essere semplicemente una ragazzina. Sofia Coppola vuole liberarla. Questa piccola donna bisogna salvarla dalla storia. Non si può evitarle il patibolo, ma almeno che le sia ridata la libertà di vivere una qualche gioia, qualche attimo di vaghezza. Maria Antonietta non sa nulla del mondo di fuori. Ha sempre vissuto nel recinto dell'aristocrazia: così, quando il popolo con forconi e torce arriva a Versailles per farne un'altra, di festa, lei si inchina e ringrazia. Come fosse suonata anche per lei l'ora della liberazione. La Rivoluzione cambia il mondo e la regina non arriverà a diventare adulta. Fastosa e festosa regia, inquadrature inondate di colori pastello, lezione di controstoria (con tutte le libertà possibili, con la voglia di regalare un po' di felicità a una regina!), Kirsten Dunst è malinconica e allegra, Asia Argento è la volgarotta Du Barry amante del re, Marianna Faithfull è una matronale Maria Teresa d'Austria, Vivaldi e Rameau a braccetto con la techno e il rock degli anni Ottanta, etichetta e giovinezza, rivalità di corte, intrighi e fatuità contro desiderio, gioia e spavalderia, facce incartapecorite contro la sfrenata energia, l'impazienza e la voglia di scatenarsi e disubbidire di una ragazza a cui non importava di essere regina. Sarà anche un film storicamente scorretto, ma è credibilissimo.