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L'innamoramento, la crisi, il tradimento, l'abbandono. Echi di commedia all'italiana, riverberi di sentimento da rotocalco del pomeriggio tv, il Manuale d'amore di Giovanni Veronesi è navigazione a vista con intenti senza dubbio lodevoli. Peccato che come nell'ultimo Che ne sarà di noi? la calma piatta venga dopo aver constatato la presenza di una buona sceneggiatura, di una discreta idea di partenza e di un importante contributo d'attori. L'intenzione è quella di sondare il tema che più ci appassiona dopo la guerra in Iraq e le elezioni regionali: l'amore e tutte le sue conclamate manifestazioni. Silvio Muccino fa coppia con Jasmine Trinca, una controllata Buy si affianca ad un lascivo Rubini, la Littizzetto sciorina edulcorati tormentoni in testa al povero Abbrescia, Verdone gigioneggia tra porte in faccia, fughe sui cornicioni e catarsi in riva al mare: tutti senza sottrarsi alla caratterizzazione di personaggi che per una volta non si perdono nel vuoto delle carinerie gratuite e del glamour patinato. Insomma, il congegno ad orologeria fatto di episodi pare funzionare, le intrusioni/trait d'union tra una sequenza e l'altra si susseguono con garbo e questa sorta di enorme ellissi narrativa che avvolge l'intero film si fa conclamata solo quando si ha già voglia di accendere le luci in sala. Solo che alla fine non c'è l'apporto di chi il film lo gira e il significato dell'uso del mezzo cinema si fa assente. Manca una profondità di sguardo, un'acida zampata o perlomeno un distratto giudizio di fondo. E poi far parlare in macchina alcuni attori, disseminare un po' di voci over, far ruotare ogni tanto la macchina da presa attorno ai protagonisti (senza campo e controcampo) come faceva secoli fa Woody Allen, sono precise e motivate scelte di regia o anonimi espedienti tecnici? Così Manuale d'amore rimane lì a ricordarci che se non vogliamo far apparire il nostro numero di cellulare a chi riceve la telefonata, basta digitare: cancelletto, 31, cancelletto.