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Maicol Jecson
Parte come un teen-movie: estate 2009, i genitori sono in vacanza e il quindicenne Andrea ha elaborato un piano grazie al quale conta di perdere la verginità con Eva, la ragazza dei suoi sogni. Prima, però, deve riuscire a liberarsi del fratellino Tommaso, undici anni e una passione autentica per Michael Jackson. Naturalmente tutto va storto e, come se non bastasse, Andrea si ritrova fra i piedi Cesare (Remo Girone mai così stralunato), un anziano signore che si è messo in testa di far da “nonno” ai due ragazzini. L'improbabile trio, dunque, intraprende un viaggio in auto per raggiungere il lago sulle cui rive Eva si trova in villeggiatura. E vai col road-movie.
Diciamolo subito: se fossimo negli States la commedia suonerebbe come un prodotto tra i più inflazionati, ma qui, sul suolo italico, equivale a una ventata d'aria fresca. Quel locus amoenus della nostra produzione cinematografica che è la commedia non ha mai offerto esplorazioni convincenti sul tema del confronto tra le due generazioni estreme, quella degli anziani e quella dei giovanissimi, neanche a livello di discreto artigianato. La commedia made in USA, invece, è stata fin troppo prodiga di simili operazioni e film come questo Maicol Jecson, infarcito a più non posso di ambizioni glocal, stanno qui a ricordarci che è possibile prendere spunto da modelli transoceanici per creare un tipo di intrattenimento diverso da quello cui siamo abituati e di buona qualità. Da notare, a questo proposito, fino a che punto la provincia torinese dell'ambientazione riesca ad assomigliare allo sconfinato universo della provincia americana, almeno sempre secondo i canoni della commedia indie USA. Nulla di eclatante, per carità, ma l'onestà delle intenzioni e la piacevolezza del risultato giustificano gli sforzi fatti.
Si apprezza poi l'umorismo garbato della narrazione, senza cadute di gusto, a volte forse fin troppo ingenuo nel tratteggiare il rapporto intessuto da Cesare-Girone, maestro di vita sui generis, con i giovanissimi protagonisti. Infine, la regia dei due esordienti nel lungometraggio, Francesco Calabrese ed Enrico Audenino, autori anche dello script, rivela una mano leggera, frizzante al punto giusto. Perché la prima volta è sempre quella più difficile.