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L'uomo nell'ombra
Sì, c'è un po' di Hitchcock, ci sono i rimandi all'attualità - Tony Blair, ma non è fuori tempo massimo? - e c'è la naturale inclinazione di Polanski per il conspiracy thriller, complice il buon materiale di partenza, il romanzo Il ghostwriter di Robert Harris (Mondadori), che di Blair fu davvero il negro. C'è pure l'Orso d'Argento alla regia del festival di Berlino, tributato al grande assente per i noti problemi giudiziari, che sa di compensazione, sostegno, forse addirittura connivenza, seppur artistica.
Vita a parte, com'è il film? Mediocre, e l'incenso critico pare seguire le orme dell'Orso. Da più parti, si è lodato il connubio gotico e politico di questo Uomo nell'ombra, ma dove starebbe? C'é una sola immagine, metaforica, che incanta: un domestico che tenta invano di raccogliere le foglie davanti al ventoso buen retiro dell'ex premier inglese Pierce Brosnan, che sta scrivendo, pardon dettando, le sue memorie sulla costa orientale Usa. Immagine ad alto voltaggio simbolico, con la Natura che sfugge all'Uomo, l'impossibile ricostruzione della (non) verità, l'anello che non tiene dell'asservimento britannico alla guerra al terrore stelle & strisce, leggi waterboarding e altre torture targate Cia.
Dopo l'assassinio del primo scriba, arriverà Ewan McGregor, costretto a confrontarsi con Brosnan, la moglie Olivia Williams, l'amante-assistente Kim Cattrall e il buio fondo dell'ambiguità: rischia pure lui la vita? E perché? Che succede?
Distanziandosi non troppo ma comunque dal romanzo, Polanski decide che dell'oggi non v'è certezza, intorbidisce le acque perigliose della (fanta)politica e affida a McGregor, che non smette mai di farci sentire che recita, il destino dell'uomo comune: non capire, anzi, capire troppo tardi, e soprattutto invano.
C'è pure da dire che Blair non fa il fesso, ma sicuramente il burattino, e che il suo esilio, anzi la sua reclusione, lo rende quasi simpatico, se non altro dovendo - intenzionalmente - specchiare l'autobiografia presente del regista, ma, in definitiva, com'é il film? Irrisolto, tra le sue evidenti ambizioni politiche, autoriali e (auto)biografiche e l'involontaria e gravosa caduta nel genere - troppe le incongruenze: l'assassinio kennediano (manco in Chuck Norris...), il didascalico finale, il ministro degli esteri inglese che spunta come un fungo, etc ... - anzi nel generico. Scissione che consegna L'uomo nell'ombra a un'altra terra di mezzo: non l'ambiguità pervasiva, ma la mediocrità invasiva.