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Pierfrancesco Favino e
Ksenia Rappoport
in una scena del film
Sarebbe stato molto più semplice trovarsi di fronte l'ennesimo pastrocchio "amoroso" e dimenticarne in fretta eventuali ridicolaggini o inutili colpi ad effetto. Sarebbe stato sicuramente più facile ritrovare la "solita" Bellucci buttata lì a fare colore e dare "corpo" ad un film di poca sostanza. E invece L'uomo che ama di Maria Sole Tognazzi, titolo che apre ufficialmente la terza edizione del Festival di Roma nella sezione Anteprima, pur non riuscendo ad evitare alcune cadute e a svincolarsi da una pesantezza di fondo forse anche voluta, fugge le consuete dinamiche di certo cinema sentimentale per rimanere sospeso in un limbo di sofferenze trattenute e cerebrali, seguendo in due momenti distinti il differente percorso amoroso del quarantenne Roberto (Pierfrancesco Favino), travolto ma non corrisposto dal rapporto con Sara (Ksenia Rappoport) e stanco - perché non più innamorato - della lunga relazione con Alba (Monica Bellucci).
Certo, alcune furberie del mestiere non mancano - come la scelta di raccontare non cronologicamente gli eventi, lo sdoganamento omosessuale (il fratello del protagonista, interpretato da Michele Alhaique) più per moda che per reale necessità narrativa o i duetti tra Favino e Marisa Paredes, titolare della farmacia dove lavora lui, collocati in alcune scene di raccordo francamente pretestuose - ma quello che resta è comunque l'apprezzabile tentativo di inscrivere filmicamente la dolcezza e la crudeltà dell'amore, nella sua complessità e duplicità: fonte di sofferenza momentanea nel momento in cui riusciamo a disfarcene perché non più coinvolti, ferita sanguinante e mai più rimarginabile quando ostentatamente negato.
Controllati e misurati gli interpreti, mai sopra le righe (nota di merito soprattutto a Piera Degli Esposti e Arnaldo Ninchi, genitori di Roberto), di atmosfera e maniera le musiche originali composte da Carmen Consoli.