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In un momento culturale in cui la sala cinematografica sta acquisendo un ruolo diverso e più circoscritto nell'immaginario cinematografico, arrivano quasi in contemporanea due film italiani con una sala d'epoca al centro del racconto. Dopo lo sbagliato L'età d'oro di Emanuela Piovano, arriva nelle sale L'Universale, commedia nostalgica di Federico Micali.
Il cinema al centro del film è quello che gli dà il titolo, L'Universale di Firenze che il film racconta dai primi tempi di sala di seconda visione popolare e scalcinata a cinema d'essai che ha fatto scoprire grandi autori al pubblico eterogeneo della sala: a osservarlo, un ragazzo che in quel cinema ha vissuto ogni tipo di esperienza. Scritto dal regista con Cosimo Calamini e Heidrun Schleef, L'Universale è una commedia di bozzetti d'epoca che poco a poco cerca di ampliarsi a delineare un affresco storico e un ritratto di un pezzo della nostra cultura.
Per farlo Micali sembra voler combinare L'ultimo spettacolo di Bogdanovich con il cinema toscano dei primi anni '90, costruendo una prima parte fatta di bozzetti paesani, aneddoti veri raccolti dallo stesso regista e rielaborati per mostrare la vitalità magari poco educata ma contagiosa che si respirava nel cinema, dove la bellezza delle immagini non piegava mai “il valore sacro della battuta”; a questa, segue una seconda parte più romanzesca in cui eventi e cambiamenti del nostro paese fanno da sfondo ai personaggi e alle loro vicende. Gradevole nel ritmo e nei toni, di rado però L'Universale si affranca da una sensazione di voluta superficialità tanto nella ricostruzione ambientale quando nella descrizione storica, che appare forzata e pleonastica.
Cercando di voler dire “cose importanti” senza avere ancora il calibro giusto per misurarle e poi esprimerle con forza, Micali disperde la carica dei suoi attori, delle macchiette e dei luoghi: e così incappa nello stesso errore (ma conducendo obiettivamente meglio il gioco) del citato film di Piovano, ossia la celebrazione del cinema vissuto ad alta voce come fosse una persona, un organismo vitale diventa una mesta parata di fantasmi.