Fine anni '60. A scuola va maluccio e il padre-padrone non perde tempo: Ernesto Marchetti inizia a lavorare da giovanissimo. E lo farà per tutta la sua vita: tappezziere, cuoco d'asilo, trasportatore. Sempre con l'amata Angelina al fianco, e l'amico del cuore Giacinto, cialtrone e traffichino, indispensabile quando si tratta di tentare la svolta. Che sembra arrivare grazie ad un impiego in un'azienda controllata dai socialisti, fino alla doccia fredda di Tangentopoli... Poi arriveranno gli anni di Berlusconi e i giorni nostri, un'altra parentesi nella lunga e normale vicenda di un uomo qualunque, soldato semplice all'interno di una storia, quella italiana, ancora tutta da scrivere.
Giovanni Veronesi l'aveva detto: "E' il film più bello che abbia mai fatto". Probabilmente non sbagliava, perché L'ultima ruota del carro si eleva, e di parecchio, rispetto alle ultime commedie dirette dal regista toscano, per sua stessa ammissione finito in una sorta di routine cinematografica tra Manuali d'amore e "risate a tutti i costi". Certo, la storia del prode qualunque Ernesto Fioretti - conosciuto dal regista quando lavorava come autista di produzione - lo aiuta non poco ad imbastire un racconto di più ampio respiro rispetto agli "episodi" a cui ci aveva abituati, senza dimenticare l'apporto decisivo di un attore come Elio Germano, bravissimo come sempre a barcamenarsi tra vari registri, capace anche solo con un silenzio, un'espressione, a trasmettere le più disparate derive emotive di un personaggio semplice, qualunque. E proprio per questo difficilissimo da rappresentare.
Non un martire, un eroe o un criminale, Ernesto Fioretti (nel film è Marchetti) non è passato né passerà alla storia, ma è uno dei tanti che la storia l'ha vista compiersi, sfiorando da vicino anche alcuni momenti cruciali per la vita (sopravvivenza sarebbe meglio dire…) del nostro paese. E che in quel tentativo di replicare il sorriso di un Berlusconi pronto "a scendere in campo" riponeva la stessa ingenuità con cui, anni prima, aveva accettato la proposta di Giacinto e la nuova avventura da impiegato nell'azienda diretta dal socialista interpretato da Rubini.
E' un film, L'ultima ruota del carro, che al netto di qualche passaggio didascalico guarda alla Storia senza pretese autoriali ma con lo stesso occhio "pop" del protagonista, marito, padre e infine nonno che magari non è mai riuscito a fare i soldi ma ricco di una ricchezza che nessun Giacinto sarà forse mai in grado di raggiungere. Orientato verso un "futuro" che spesso e volentieri si dimostra contrario e deludente rispetto alle aspettative, il miglior amico di Ernesto - che Ricky Memphis interpreta senza mai dare la sensazione si tratti di una recita - è il rovescio della medaglia di chi, ugualmente ultima ruota del carro, non si affanna ad inseguire correnti o a tentare ogni volta di cambiare vita.
Cambiamento che comunque sembra esserci stato per quello che riguarda il percorso di Veronesi (che per la prima volta realizza un film con Fandango e Warner, dopo tanti anni con la Filmauro di De Laurentiis): la commedia di Scola, Monicelli, Risi e chi per loro è ancora imparagonabile, ma questo film sembra potersi mettere in scia, anche per il modo in cui riesce a trattare le figure di contorno, affidando ad attori come Haber (geniale pittore con cui il protagonista finirà per stabilire un bel rapporto), Wertmuller (il papà di Ernesto) e il già citato Rubini, personaggi che riescono a rendere un mondo anche attraverso poche pose.