PHOTO
L'ordine delle cose
L’ordine delle cose è quello a cui non è possibile sottrarsi. Il dramma di Antigone, il conflitto tra il rispetto che si deve all’amore e alla pietà umana e quello che si deve alle leggi stabilite dagli uomini. È, dunque, anche il dramma di Corrado, un poliziotto italiano di alto grado, assegnato dal Ministero degli Interni a una task force specializzata nella gestione del sistema di controllo dei flussi migratori. Durante una delicata missione in Libia, Corrado incontra Swada, una donna somala che sta cercando di raggiungere il marito in Finlandia. Colpito dalla tragedia personale della donna, che ha perso il fratello in seguito ai maltrattamenti delle milizie libiche, il poliziotto muove qualche passo in aiuto della giovane, ma ben presto il suo desiderio di fare del bene si scontra con il senso del dovere e contro la necessaria, ineluttabile constatazione che il dramma di Swada è solo una goccia nell’oceano di disperazione che lega i disastri africani e la rigida, burocratica Europa nel nodo tremendo dell’emigrazione clandestina.
Girato tra Padova, Roma, la Tunisia e la Sicilia, L’ordine delle cose è il terzo lungometraggio di finzione di Andrea Segre (autore della sceneggiatura con Marco Pettenello), il quale dimostra piena padronanza nel tenere i fili di una storia aspra e avara di facili emozioni, lontana da suggestioni televisive (e i rischi non erano pochi) e da batticuori a buon mercato. Merito anche di attori tutti d’un pezzo quali Paolo Pierobon (Corrado) e Giuseppe Battiston nel ruolo di un funzionario d’ambasciata, perfettamente a suo agio anche nel registro drammatico.
Quello di Segre è cinema robusto, inciso a fuoco in una realtà storica ben precisa ma che pur tuttavia asserisce con piglio energico la propria universalità nell’esplorare i temi della sofferenza e dell’empatia; è un cinema, infine, pienamente italiano ma nel senso migliore e più fiero del termine, è cinema del reale pur essendo fiction, ma è fiction girata con l’immediatezza del documentario, secondo la lezione di Werner Herzog. L’ordine delle cose sconta forse una mancanza di spettacolarità (o la scottante attualità?) che lo rendeva poco appetibile per il Concorso Ufficiale, ma a voler cercare ad ogni costo il pelo nell’uovo si finisce per rimanere soffocati. Va bene così, dunque, il cinema è anche questo.
Tra le Proiezioni Speciali a Venezia 74.