PHOTO
L'ora di punta
Con facile battuta, potremmo dire che quella di Marra è un'Ora di punta spuntata. Terzo italiano in Concorso al Lido e terzo lungometraggio di finzione del regista partenopeo, il film segue l'ascesa sociale di Filippo Costa (Michele Lastella), giovane agente della Guardia di Finanza che per alimentare la propria ambizione utilizzerà qualsiasi mezzo. Tra questi, Caterina - "Francese?" (sic!) - interpretata da Fanny Ardant, donna più grande, ricca e bella di lui, che utilizza con successo per forzare la porta dell'alta finanza. Filippo lascia la GdF, ma non la corruzione condivisa con il comandante e un collega. A "insaporire" il tutto una relazione molla-prendi-molla con la giovane Francesca e un omicidio riparatore... Sul fronte delle interpretazioni, il quasi debuttante Michele Lastella è quasi una piacevole sorpresa, misurato e abbastanza credibile in un ruolo complesso e difficile. Discrete anche le prove di Augusto Zucchi (Comandante Salvi) e soprattutto di Antonio Gerardi (il corrotto-corruttore Donati). Virando al rosa, viceversa, i risultati sono drastici: Fanny Ardant regala un'interpretazione ai minimi termini, dimostrando in ogni battuta - non ha tutte le colpe... - di non crederci, seguita a ruota da una Giulia Bevilacqua all'acqua di rose. Se la regia si adagia sui livelli di una buona fiction tv, ma sa anche regalare pregevoli squarci di Roma (ammesso piacciano le cartoline...), il problema fondamentale del film è la sceneggiatura, scritta dallo stesso Marra. In primis, su furbetti del quartierino, corruzione, anche degli apparati dello Stato, legami politica-finanza, parvenu d'assalto e così via non fornisce nulla di nuovo, se non addirittura banalizza quanto nel documentario L'udienza è aperta lo stesso Marra aveva saputo dimostrare con lucida passione civile. Inoltre, ancora più fastidiosa è l'inverosimiglianza dei dialoghi e delle situazioni, con Lastella-Ardant protagonisti al primo incontro di una battuta da ricordare: "Francese?". Chiaro sintomo di mancanza di identità. Passati i tre italiani, a due giorni dalla premiazione, di una cosa possiamo già dirci certi: il bestiario del nostro cinema dovrà fare a meno del Leone...