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Lola
Manila: una vecchia signora, accompagnata da un bambino, compra una candela e l'accende in un vicolo battuto dal vento. È Lola (Nonna) Sepa che ricorda il nipote, assassinato la sera prima da un giovane che voleva rubargli il cellulare. Viceversa, Lola Puring sfida la pioggia torrenziale per raggiungere e rifocillare il nipote in carcere, accusato di aver derubato e ucciso il nipote di Lola Sepa.
Classe 1960, Brillante Mendoza è stato invitato in Concorso a Cannes nel 2008 con Serbis, esperienza bissata quest'anno con Kinatay, premiato per la miglior regia dalla giuria presieduta da Isabelle Huppert. Non male, davvero, per chi dietro la macchina da presa è passato solo nel 2005, dopo quasi vent'anni da scenografo. Nove lungometraggi in neanche un lustro, da catena di montaggio della visione, non sempre nitida, comunque innovativa e interessante: Serbis, sulla famiglia formato porno non-porno di un cinema a luci rosse di provincia, era stato da alcuni lodato per la natura meta-linguistica dell'operazione, ma era troppa grazia; Kinatay, sull'iniziazione criminale di un giovane padre di famiglia, che studia per diventare poliziotto ma va a scuola di gangster, si dibatte malamente tra il guerrila-style, con immagini sporche, scure e brutte a veicolare indipendenza estetica, e l'ambiguità poetica, da un lato, e il ricorso a fastidiosi didascalismi e scoperte metafore, dall'altro.
Ebbene, questi difetti in Lola non li troviamo, nemmeno in un frame, e nel "confronto a distanza" tra Croisette e Laguna è la seconda a vincere, guadagnandosi in Concorso un quasi capolavoro, e togliamo pure il quasi, con questo paso doble senescente, compassionevole, magnifico.
Lento e paratattico, sulla scia non di Serbis e Kinatay, ma di Manoro (Torino Film Festival 2006), che pure "sfronda" ampiamente, il flusso di Lola è liquido, come le pioggie torrenziali che si abbattono su una Manila caotica ma solidale, in cui si incrociano i destini di due anziane donne, povere, debilitate e dedite ai propri nipoti. Nell'acquario metropolitano, la loro sarà una lunga, faticosa e speculare peregrinazione alla ricerca del denaro differentemente e ugualmente necessario per corroborare la pietas familiare: Lola Sepa deve organizzare il funerale, laddove la bara più economica costa 3 volte lo stipendio medio mensile, chiedendo aiuto a vicini e parenti, e portare avanti il procedimento penale contro il nipote di Lola Puring; viceversa, quest'ultima deve trovare i soldi per patteggiare privatamente.
Macchina da presa a spalla, un duplice tallonamento sensibile e premuroso, mai invasivo, che è oggi marca stilistica del cinema filippino (vi ricordate il sovraespanso Lav Diaz?), ma che qui trova funzione integrale e difficilmente perfettibile, a parte qualche sbavatura sul sonoro: Lola pone una seria ipoteca sul Concorso, capace com'è di coniugare la lezione dei Dardenne, gli echi bressoniani e una idiosincrasia autoriale decisamente riconoscibile. Un Mendoza Brillante come l'oro: quello del Leone. E due nonne da premiare.