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Lo scontro. Cr. Andrew Cooper/Netflix © 2023
Che cos’hanno in comune Taxi Driver e Un giorno di ordinaria follia? Breaking Bad o Lavoro a mano armata? (Mini)serie o film, hanno tutti messo in scena magistrali perdite di controllo. Se il cinema rigurgita di film “di rottura”, criminali o comici, brutali o assurdi, da par loro le serie si prendono tutto il tempo di studiare il carattere dei loro irascibili eroi, di cercare dietro la derapata incontrollata.
Lo scontro, serie Netflix in 10 puntate, comincia come il thriller di Joel Schumacher, da una vettura. Amy e Danny, due perfetti sconosciuti, rischiano di scontrarsi al parcheggio di un supermercato. L’urto è evitato ma la guerra è dichiarata. Tre colpi di clacson e un dito medio dopo, si innesca una spirale tragicomica che rivela un malessere profondo. Lui è l’impresario inconcludente di una piccola azienda di riparazioni, lei il boss efficiente di una fiorente start-up di piante hipster. In circostanze normali, i loro universi non si sarebbero mai incontrati, perché Amy e Danny, trentenni americani di origini asiatiche, vivono a Los Angeles ma navigano mari separati. Amy è super ricca, Danny arranca.
A legarli è soltanto una collera repressa che esplode al primo contatto in una vendetta picaresca senza esclusione di colpi. E nessuno vuole mollarlo il colpo, il “morso di carne” del titolo originale (Beef). Furiosi come mai, questi nuovi migliori nemici mettono a punto una serie sorprendente di ganci destri e rovesci sinistri, facendo a pezzi la leggendaria impassibilità asiatica e facendo i conti con quel momento della vita in cui tutto bascula. Quel momento in cui abbiamo quasi rischiato di superare il limite, immaginando di inseguire un automobilista insolente, che ci aveva appena tagliato la strada o rubato il parcheggio agognato. Nella finzione il desiderio si fa atto prendendo proporzioni smisurate per due personalità differenti ma consumate dallo stesso sentimento di vuoto e incomprensione.
Pur conservando l’aspetto del divertissement, Lo scontro non esita a spingersi più lontano, a grattare la gravità delle emozioni umane più nere. Quella che comincia come una commedia di folle vendetta compulsiva volge in un’esplorazione quasi filosofica dei turbamenti del XXI secolo. Il risultato è travolgente, qualche volta eccessivo ed estenuante, ma gli attori infondono la leggerezza necessaria in due caratteri a fior di pelle, aggressori e vittime insieme.
Due personaggi senza qualità, singolarmente antipatici ma abitati con energia dai rispettivi interpreti che cambiano dimensione: Steven Yeun si sbarazza dello stereotipo di liscia perfezione coreana (Burning, Minari) per esplorare una bile e una meschinità che ignoravamo, Ali Wong, astro nascente della stand-up comedy, si rivela nel suo primo vero ruolo e nell’incarnazione impressionante di una nevrotica votata alla simulazione permanente dell’habitus borghese.
Creata da Lee Sung-jin, Lo scontro si divora in un boccone, duro da ingollare soltanto per Amy e Danny, solitudini ultramoderne che consumano un ‘conflitto’ servito al sangue. Ma dietro le rappresaglie covano i segni di un’attrazione dei contrari.