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Little Glory
Si brucia, forse, nei suoi giorni da vagabondo il diciannovenne Shawn, anima persa nella profonda provincia americana in crisi e che non aiuta certo a ritrovarsi. I modi da bullo e il fascino dell'adolescente di Cameron Bright (Alec della saga di Twilight) si addicono perfettamente a questo personaggio, e capita anche che il giovane attore canadese nel film del belga Vincent Lannoo Little Glory, tentato dal peccato e faticosamente risalito lungo la china dell'esistenza, sia anche davvero bravo e del tutto credibile. Schema familiare e sociale consueto: lui e la sorellina Julie di nove anni rimangono orfani, lui non è in grado di prendersi cura di lei, ma le vuole bene e tra alti e bassi, abbandoni e ricerche, in fondo la protegge sempre. Non ha coscienza ancora di cosa significhi accudire una bambina in crescita, tra loro si frappone anche violentemente il mondo di lui (cattive compagne, noia esponenziale, ribellione ai codici e costante mancanza di denaro) e il mondo di lei (assenza della figura materna, paure dell'inconscio, violenze subite, necessità di attenzione). Ma in entrambi il desiderio di vivere e di comunicare e di appoggiarsi l'uno all'altra per riposare, tirare un respiro e fronteggiare le difficoltà, sono davvero insopprimibili. I loro dialoghi, i loro litigi, i loro abbandoni e silenzi porteranno a una presa di coscienza che l'amore vero crea sempre legami inseparabili, che nemmeno un tribunale e l'algida legge può spezzare. E superano anche quelli di una vita più sicura e agiata, lei in affidamento alla zia, che promette si un pasto caldo decente al posto dell'immancabile pollo fritto, ma non la totale limpidezza dell'amore. Così gli adulti diventano l'anello debole della catena, apatici e freddi, e il film ci insegna ad avere maggiore fiducia nel domani e nei giovani.