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Immigrazione clandestina, transessualità, demenza senile. Sono solo alcuni dei temi trattati in Lingua franca, film scritto, diretto e interpretato dalla regista filippina Isabel Sandoval e presentato alle Giornate degli Autori di Venezia76.
Olivia è filippina e vive senza permesso di soggiorno a Brooklyn, dove fa da badante all'anziana "ma ancora sveglia" Olga, nonna di Alex, ragazzo devoto più all'alcol che al lavoro.
I tre si ritrovano a condividere lo stesso tetto pur appartenendo a mondi estremamente diversi. Olivia (Isabel Sandoval) ha il terrore di essere scoperta e cerca di pagare qualcuno che la sposi per poter ottenere la green card. Olga (Lynn Cohen) è persa tra vuoti di memoria e ricordi che riaffiorano.
Alex (Eamon Farren) tenta di non presentarsi troppo ubriaco nel mattatoio dove lavora dietro raccomandazione. Basterebbe questo a rendere molto difficile individuare una lingua comune.
Ma la regista complica ulteriormente le cose aggiungendo la relazione tra Alex e Olivia e, soprattutto, la transessualità di lei, che il ragazzo arriva a scoprire solo casualmente.
Decisamente troppo materiale per un'ora e mezza di lungometraggio. Inevitabile che le diverse vicende restino sconnesse e prive di possibilità di dialogo: lingua franca non pervenuta.
Da elogiare, tuttavia, il quadro di terrore che viene restituito sulla clandestinità nell'America odierna. L'eco della politica di Trump si avverte distintamente in tutta la sua disumanità, anche nella "civilissima" New York.