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La secolare storia del Duomo di Milano, uno dei simboli dell’architettura italiana nel mondo, rivive nell’affascinante documentario a firma di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti.
Nascita, ascesa, consolidamento e conservazione nel tempo sono concetti-pilastri su cui poggia l’approccio dei due registi alla materia, una materia quanto mai concreta, della costruzione nel suo farsi, dall’estrazione del marmo nelle cave sino alle rifiniture degli orafi e dei restauratori, costruzione-metamorfosi che diviene, in un trapasso audace ma saldamente ancorato all’immagine, simbolica dichiarazione d’amore all’operosità umana.
Il percorso seguito da D’Anolfi e Parenti è arduo, insolito anche per un documentario, fondato su di un rigoroso studio dell’immagine (e dei suoi rimandi simbolici, per cui si rischia sovente una sovrabbondanza polisemica, non sempre raccomandabile per un’opera cinematografica) e su di un’intensa partecipazione alla manualità e all’artigianalità intese nel loro senso più letterale che le vuole immerse nell’ombra, nella pace, nel silenzio dei laboratori.
Quel silenzio che, inevitabilmente, si fa nido e culla della sacralità e in-forma l’agire dell’esperienza architettonica.