Un nuotatore esperto conosce i segreti del mare e, nella tempesta, sa quando è il momento di aggrapparsi a un pezzo di legno per mantenere la testa fuori dall’acqua. È la storia di Norman Oppenheimer, un imbroglione dal cuore d’oro che si specchia nella vita degli altri. Non è un manipolatore o un lupo di Wall Street, le sue giornate scorrono all’inseguimento di qualche falso traguardo. In fondo Norman non ha nessuno a parte se stesso, e dove vada a dormire rimane un mistero. Forse nella cantina di una sinagoga, forse nel parco: il muro di bugie non si riesce a scalfire.

L’eterno ufficiale e gentiluomo Richard Gere interpreta un uomo sconfitto dalla vita, che telefona notte e giorno per arrampicarsi sulla parete del successo. Sembra quasi di rivedere il barbone de Gli invisibili in L’incredibile vita di Norman, con un po’ più di estro e una buona parlantina. Sul suo biglietto da visita si legge “consulente strategico”, ma in realtà Norman è impenetrabile come la nebbia, è il riflesso di una società classista che spinge l’indifeso verso il basso.

 

L’ottimo partito di Pretty Woman ha buttato gli abiti eleganti per diventare quello che tutti evitano: il rompiscatole di professione, l’imbucato alle cene di famiglia, che millanta conoscenze ai piani alti quando non sa dove passare la notte. Gere strega ancora con il suo fascino, diverte nella burrasca e si destreggia in una sterminata rubrica telefonica. Norman brama la felicità e cerca di soddisfare la sua anima e il prossimo, come un antieroe alla ricerca della redenzione. Ma gli squali non hanno il cuore tenero.

Il regista Joseph Cedar gira una commedia ironica, che gioca con l’umorismo in salsa yiddish per raccontare il dramma dei vinti. Il protagonista crede nei principi della Torah e si comporta come un ebreo – cortigiano al servizio dei potenti, che accarezza Shakespeare e punta al cinema irraggiungibile di Woody Allen. Tutti conosciamo un “Norman” e ancora una volta il cinema si dimostra il più grande testimone del nostro tempo.