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Fatto, strafatto e stupefacente. Astro luminoso della New Hollywood (questa, Coppola & Co. non c'entrano), Bradley Cooper ci sta prendendo gusto: altro che scimmia (sebbene nel prossimo Hangover II ci sia…), per lui la droga è una necessità, almeno sullo schermo. Insomma, se ai tempi di Dennis Quaid la coca era nel budget dei film, per Cooper è una sostanza diegetica, un'amica di “parte”, un aiutino artistico.
Dopo Una notte da leoni, si risveglia scrittore sfigato, look da strada e ragazza (Abbie Cornish) pronta a mollarlo, ma l'ex cognato ha in serbo la sorpresina: una smart-drug capace di estendere al 100% le potenzialità della mente. Titubante ma non troppo, il suo Eddie Morra se la cala, e boom! è un altro mondo possibile: in poche ore scrive cose che solo DFW avrebbe potuto, la fidanzata è riconquistata e anche un tycoon che non deve chiedere mai (Bob De Niro) non potrà farne a meno.
E' Limitless di Neil Burger, thriller sci-fi liberamente tratto da The Dark Fields di Alan Glynn, che predica il mainstream ma scova qualche idea sui generis: qual è la droga che adultera il nostro presente? Scordatevi lo sballo o una lisergica creatività, questa è cocaina all'ennesima potenza, una sostanza ultrapragmatica e superperformante, da abbinare col colletto bianco. Non a caso, Eddie molla puntualmente la scrittura, e si dà allo “sterco del diavolo”, trovando l'inevitabile braccio di ferro con il capo De Niro, tornato fortunatamente all'altezza del suo nome. E poi? La carriera politica, of course, perché la morale non è fantascientifica, ma elettorale: Want Some Morra?, il suo slogan, e il senso della vita, pardon, del film. Un film dignitoso, anzi, riuscito: regia videoclippara, introspezione psicotropa e controllate derive action quale starring vehicle per Cooper. Per prendere in prestito da Gondry e Pope, The Eternal Sunshine of an Addicted Mind.