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Licantropia
Canada, 1815. Smarritesi in una foresta innevata, le due sorelle Fitzgerald troveranno rifugio in un fortino abitato da un gruppo di soldati. Ignare della minaccia che incombe su di loro (al di fuori di quelle mura si aggira un branco di feroci lupi mannari), Ginger (Katharine Isabelle) e Brigitte (Emily Perkins) capiranno troppo tardi l'importanza di una profezia ascoltata precedentemente: "Uccidete il bambino, o una sorella sarà costretta ad uccidere l'altra…". Terzo capitolo di una "saga" iniziata nel 2000 (Ginger Snaps, di John Fawcett) e ripresa quattro anni dopo (con Ginger Snaps: Unleashed, di Brett Sullivan e con questo Ginger Snaps Back: The Beginning), il lavoro di Grant Harvey si pone quale ipotetico prequel - la collocazione temporale ed il finale "iniziatico" sono lì a dimostrarlo – di un trittico horror imperniato sul rapporto fra queste due sorelle (interpretate sempre dalle stesse Isabelle e Perkins) e la licantropia, divagazione al femminile della sterminata filmografia sugli "uomini lupo". Eccessivamente prolisso nel preambolo, poco accattivante nello sviluppo della vicenda (eccezion fatta, forse, per quel bambino creduto morto da tutti, schiavo invece di una lenta e mostruosa trasformazione - e la sua apparizione ricorda molto quella del parimenti spaventoso figlio di Daria Nicolodi, il nano Davide Marotta, in Phenomena), Licantropia - questo il titolo italiano che rievoca ben più divertenti ricordi ("Un male assai curioso, un male di paese, la stessa cosa che il popolino ignaro chiama col nome strano di lupo mannaro, cioè che a luna piena e quando il cielo è cupo la mia signora diventava lupo, la mia signora diventava lupo", cantava Pippo Franco in quell'album s-cult che era Cara Kiri) - spaventa davvero pochino. A meno che non si voglia indugiare su alcuni scambi di battute che, queste sì, fanno proprio drizzare i capelli. Indicato solo (ma non necessariamente) per chi ha avuto la fortuna di vedere i due episodi precedenti.