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Les beaux jours d'Aranjuez
E, per un attimo, appare anche il silenzioso giardiniere. Che è Peter Handke, autore dell'omonimo testo teatrale portato ora sullo schermo da Wim Wenders: Les beaux jours d'Aranjuez potrebbe anche far trascorrere intere serate a disquisire su approccio teorico e linguaggio (in fondo cosa ci può essere di più rivoluzionario se non filmare un dialogo di 97' interamente in 3D?...), ma è un esercizio che non ci sentiamo di dover compiere. Esperienze sessuali, infanzia, memorie, l'essenza dell'estate, le differenze tra uomo e donna, la prospettiva femminile, le percezioni maschili: una morte lenta, e inesorabile, che indiscussi e notevoli movimenti di macchina - oltre all'innegabile bravura dei due interpreti (chiamati a sostenere intere scene senza stacchi) - non riescono a scongiurare. Ma è lo scrittore che immagina i due lì fuori o sono loro a suggerirgli quello che sta scrivendo? Eh, questa sì che è una domanda che il cinema del 2016 è giusto si ponga...