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Una scena del film
L'incipit è altrettanto famoso di quello che leggiamo, due secoli dopo, nel romanzo del nostro Manzoni. Solo che si tratta del primo quarto del Seicento e siamo nella Francia di Luigi XIII : "Auprès de l'ancienne ville de Lyon, du côté du soleil couchant, il y a un pays nommé Forez, qui en sa petitesse contient ce qu'il y a de plus rare au reste des Gaules...". I Galli e le pastorelle, l'Arcadia e le ninfe, il cinema e Rohmer: Les amours d'Astrée et Céladon è una delizia letteraria e cinematografica che solo l'equilibrio e l'intelligenza, l'arguzia e la saggezza del regista francese sono riusciti a portare in vita. Per pochi intimi, naturalmente. Perché non c'è grande storia, alle spalle, ma solo un romanzo fiume scritto da Honoré d'Urfé d'oltre cinquemila pagine, nel quale nulla di più che l'amore contrastato tra due giovani pastori si racconta, bucolica reminescenza di fresca gaieté, testo nobile e di inebriante piacere, accennato erotismo e aulico filosofare, come si conveniva alla corte francese, che sostituiva ben volentieri i parchi dei castelli con i prati dei Druidi e si immergeva con voluttà nella quiete di un passato remoto, nella pace di una natura incontaminata. Nel mito e nella celebrazione. Elementi folgoranti, spesso, che troviamo nel cinema del grande Rohmer: il soffiare del vento s'alterna alla nobiltà del verso poetico, un sospiro languido segue un cenno di mano, un bacio e una carezza sono nascosti dal travestimento che scambia persone e raggira divieti, il riso fa capolino dal pianto, la recitazione è lasciata giustamente alla superiore, naturale autenticità dei suoi attori-mimi-cantanti. Nulla di più che l'essenza della cultura e dell'anti-spettacolarità. Anzi, no, lo spettacolo c'è: prorompe in seno a chi si lascia cullare dalla parola, dal gusto immenso della letteratura, da un cinema il cui unico effetto speciale, ma veramente speciale, è la sua nobiltà, il tocco del maestro disseminato in ogni inquadratura, la recita in una lingua fluente e affascinante, lo spericolato rincorrersi di figure anacronistiche in un prato verde e selvaggio, il baciarsi in un letto immacolato, il giurarsi fedeltà e amore nel brillare del sole, nel rimpianto per una stagione che ormai, hélas, abbiamo irrimediabilmente perduta.