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Emmanuelle Béart
in L'enfer
E' il secondo film di Danis Tanovic, il regista lanciato dal successo internazionale di No Man's Land, vincitore fra l'altro dell'Oscar per il miglior film straniero nel 2002. Proprio il precedente suscita immediata sorpresa: difficile, infatti, immaginare due film tanto diversi. Il primo,girato tutto in esterni, nel clima infuocato, caotico e disperato della guerra dei Balcani, era praticamente privo di presenze femminili; questo secondo film, invece, è una storia di interni domestici e sentimenti nascosti, passioni impossibili e desideri inconfessabili, popolata prevalentemente da donne edambientata nella tranquillità di borghesi appartamenti parigini e della campagna circostante. Ma se No Man's Land era frutto di una sceneggiatura originale di Tanovic, L'enfer è nato originariamente come il capitolo di una trilogia elaborata da Kieslowski e dal suo fedele collaboratore Piesiewicz, rimasta irrealizzata per l'improvvisa morte del regista polacco, anche se un altro episodio del progetto, Le Paradis, è stato nel frattempo portato sullo schermo con esiti controversi da Tom Tykwer. Contrariamente alla scelta del collega tedesco, Tanovic ha scelto di essere molto fedele allo spirito della sceneggiatura e implicitamente al cinema di Kieslowski, quasi realizzando, pur nell'ambito del cinema d'autore, un'opera su commissione. Così L'enferè un film imperniato su una materia incandescente, ma raccontata con uno stile freddo, volutamente sommesso, che evita le grida e gli urli e che, proprio per questo, risulta tanto più vero, coinvolgente ed emozionante. Descrivendo una grande tragedia, Tanovic punta l'attenzione sulle piccole cose, con una regia raffinata, fatta di chiaroscuri, di grande eleganza formale, che mette in evidenza una estrema padronanza nella direzione degli attori, tutti particolarmente convincenti. Nella storia si ritrovano molti dei temi cari al cinema di Kieslowski: l'inevitabilità del destino, il dovere della responsabilità, la contraddittorietà dei sentimenti, lo svelamento di una verità sconosciuta ed imprevedibile. E ancora l'idea che l'inferno faccia parte della vita di tutti i giorni, senza bisogno di essere necessariamente immersi in una tragedia come quella dei Balcani. Forse proprio questa constatazione è stata la molla che ha spinto Tanovic a realizzare il film. Al centro del racconto sono tre sorelle e la loro madre; la vita delle quattro donne è stata segnata, determinata da un dramma del passato: il suicidio del rispettivo padre e marito, colpito da un'infamante accusa di pedofilia. Come nel tentativo di cancellare il ricordo di quella tragedia familiare, le tre sorelle, ormai adulte, hanno interrotto ogni contatto fra loro, senza ottenere per altro alcun giovamento. Immerse in una comune infelicità, determinata anche da una serie di problemi privati, solo affrontando finalmente il passato le tre sorelle si liberano dai sensi di colpa.