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Golshifteh Farahani in Leggere Lolita a Teheran
Tratto dal bestseller di Azar Nafisi (Adelphi) del 2003 ora arriva al cinema l’omonimo film, ovvero Leggere Lolita a Teheran. Presentato alla Festa del Cinema di Roma in concorso e dal 21 novembre in sala con Filmclub Distribuzione, il film racconta la storia di una professoressa di letteratura angloamericana (Golshiteh Farahani) e un ingegnere civile che tornano a Teheran dopo la rivoluzione di Khomeini nel 1979.
I libri sono le sue passioni: Il grande Gatsby di Fitzgerald, Lolita di Nabokov, Daisy Miller di James, Orgoglio e pregiudizio di Austen. Ma in quegli anni anche un libro può essere considerato pericoloso (“un criminale”), semplicemente perché fa pensare.
Ecco, forse è proprio in questo che questo film, diretto dal regista israeliano Eran Riklis (La sposa siriana e Il giardino dei limoni) e girato in Italia (è prodotto da Minerva Pictures e Rosamont con Rai Cinema), stona: perché a differenza dei tanti romanzi affrontati e del messaggio alla base non fa pensare.
Una serie di frasi fatte e semplicistiche riduce l’operazione (il romanzo compie quest’anno 21 anni e purtroppo è una storia ancora drammaticamente attuale) a uno spiegone didascalico di una situazione (lo sappiamo) più che complessa. E la divisione in capitoli non fa che porre l’accento su questo schematizzando ancor di più la lotta della protagonista (nella realtà Nafisi tornò negli Stati Uniti nel 1997 per insegnare all’università di Washington) per trasmettere la cultura agli studenti sempre più catechizzati e, una volta lasciato l’insegnamento pubblico, condividere i suoi seminari settimanali con le sue sette allieve migliori.
“Pensare non è un reato”, “Comunque vada tu lascerai l’Iran, ma l’Iran non lascerà te”, “I regimi vanno e vengono siamo noi che restiamo”: il rischio banalizzazione è dietro l’angolo. Poteva essere un buon film, più che mai attuale proprio perché racconta una storia senza tempo che raccoglie un momento particolare dell’Iran, uno spaccato della condizione femminile in quel paese e una riflessione sull’oppressione e sulla libertà, ma purtroppo è un’occasione persa.