Ci sono galline e galline. Soprattutto ci sono Galline in fuga, modello imprescindibile per chiunque voglia dilettarsi con i polli dell'animazione (sia detto senza offesa), tanto che il piccolo gioiellino inglese realizzato in stop-motion ha avuto l'onore di essere inserito nella classifica dei 1000 film più belli di sempre stilata qualche mese fa dal NYT. Con Leafie. La storia di un amore il bis pare piuttosto difficile, per il semplice motivo che questa versione sud-coreana dell'arrivano-le-chiocce è decisamente meno divertente e aggraziata.
La protagonista è una gallina con scarso senso della realtà, Leafie, decisa a fuggire dall'allevamento di polli dove cova e mangia sì in sicurezza ma prigioniera di una gabbia. Si finge morta e il piano di fuga le riesce. Peccato che il mondo là fuori sia tutt'altro che l'oasi vagheggiata dalla coraggiosa gallina e che i selvaggi animali non siano propriamente dei buontemponi pronti ad accogliere la nuova arrivata. Anzi, tra galli cedroni e donnole assassine, il suo viaggio ai confini della libertà somiglia piuttosto a un calvario.Muoiono anatre, cadono ali, si perdono occhi, fino al sublime immolarsi per la salvezza del figlio in affido, il bell'anatroccolo di nome Greenie, in un finale che sarebbe degno del migliore dettato evangelico, se il seme morto avesse prodotto molti frutti.
Invece il film di Oh Seongyun, campione d'incassi in Corea del Sud con più di 5 milioni di spettatori, si trascina stanco tra feuilleton animale, schematismo didattico e scarso sense of humor. Le immagini sono cromaticamente ricche ma esteticamente povere, sature di dettagli ma prive di vera magia. La scusa dell'ancoraggio a un ipotetico realismo descrittivo lascia il tempo che trova trattandosi di animazione e di bestie parlanti. A tal proposito, la matita magica di Miyazaki è più vera di ogni supposta realtà.
E poi, nell'escalation di violenze e vessazioni che si abbatte su questa eroina (neanche fosse la versione pennuta della Ciociara) sembra esserci meno catarsi che voglia d'infierire. Il sospetto che all'insegnamento dei maestri si sia preferito il sacrifico dei martiri.