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Le particelle elementari
Materia incandescente quella delle Particelle elementari. Famiglie in frantumi. Spersonalizzazione dei rapporti. Clonazione umana. Ci sono tutti i fantasmi della società occidentale del terzo millennio nel controverso romanzo di Michelle Houllebecq. Titolo-shock, che nel '98 ha fatto parlare di sé, per scabrosità, disincanto, opprimente nichilismo. Un'analisi illuminante, l'ha definita il regista Oskar Röhler, che gli ha fornito "una prospettiva completamente nuova sul mondo". La missione di portarla sullo schermo, sembrerebbe a fronte di una simile ambizione quasi impossibile. Rohler si destreggia invece abbastanza bene. Dalla sua il coraggioso produttore de La caduta Bernd Eichinger e un cast stellare in cui spiccano Moritz Bleibtreu (non a caso premiato alla Berlinale) e i meno noti Christian Ulmen e Martina Gedeck, punta su una potente edulcorazione degli aspetti più "pornografici" del romanzo. Smussati gli angoli ed epurate dall'insistenza sul sesso, le sue Particelle elementari rimangono comunque un fedele specchio di tante paure di oggi. Aspirazione che sottende l'intera storia è quella ad una riproduzione asessuata, senza contatto e senza conflitti, come chiave di un'esistenza idilliaca. A rappresentarla è sullo schermo il rapporto fra Bruno e Michael, due fratellastri agli antipodi ma accomunati da esistenze ugualmente fallimentari, figli di una generazione allo sbando. Bravissimo Bleibtreu nell'incarnare il primo: professore di liceo, frustrato e in preda a sempre più incontrollabili attenzioni nei confronti delle sue alunne. Ancora superiore, per le sfumature che gli offre il ruolo, è poi Ulmen nella parte del biologo molecolare sconfitto e tanto alienato dai rapporti con le donne, da riversare i suoi fantasmi in una ricerca sulla clonazione che elimini il sesso dai rapporti umani. L'illusoria speranza che i due sembrano ritrovare nell'amore (incarnato da due ottime comprimarie), si aggiunge poi alla spietata critica del '68 che Röhler affida al personaggio della madre hippie. Tutti temi a lui cari, che affronta però con timore quasi reverenziale. Quasi che scottasse troppo, la materia incandescente del romanzo, per affrontarla con i dovuti eccessi, cede invece spesso alla tentazione dell'alleggerimento e del grottesco (anche attraverso le musiche). Troppe frenate, per un film che avrebbe trovato la sua forza nel coraggio di tuffarsi lucidamente nella disperazione da cui proviene.