In fondo anche il non troppo antico Rush di Ron Howard non era così male. Eppure non si capisce perché cinema e motori (Fast & Furious a parte) sia un binomio che raramente abbia fatto presa sull’immaginario collettivo.

Ad invertire questa tendenza stavolta ci prova un regista bravo a cambiare spesso registri come James Mangold, adattando per lo schermo (sua anche la sceneggiatura) la vera storia di Carroll Shelby (Matt Damon) e Ken Miles (Christian Bale).

Ex pilota il primo, costretto a ritirarsi dalle corse per un’anomalia cardiaca, ora ingegnere e un domani tra i designer automobilistici più visionari e innovativi, meccanico e pilota straordinario il secondo, divennero i due assi nella manica per Henry Ford II per dare il la a quella che passò poi alla storia come la Guerra Ferrari-Ford.

E il film in origine (e in originale) si chiamava (e si chiama) appunto così: Ferrari v Ford. Ma da una parte è forse anche giusto che il tutto non venga ridotto a quello. No, perché nelle intenzioni di Mangold – che dispone di un sostanzioso budget, quasi 100 milioni di dollari – non c’è solamente la voglia di riportare sullo schermo quell’epica battaglia, d’immagine, sportiva, d’azienda.

Al regista di Cop Land e Walk the Line interessa quello sfondo, certo, ma ad animarne la passione più profonda è la vicenda umana, sfidante, al limite dell’ossessivo, che accomuna due uomini che solamente in pista, solamente assaporando il rombare di un motore o gettando lo sguardo verso traiettorie e angoli impossibili riuscivano a vedere il mondo nella sua pienezza.

Velocità e resistenza. L’arco di un’intera esistenza, in fondo, si può misurare con la metafora di Le Mans: competizione automobilistica tra le più affascinanti e massacranti, 24 ore consecutive su un circuito lungo 13 km e caratterizzato da tratti di strade extraurbane irregolari, dal buio di nottate infinite dove la visibilità si riduce pressoché completamente mentre la pioggia, invece, ne contraddistingue ciclicamente ogni singola edizione.

Mangold sembra voler assecondare proprio questo doppio aspetto anche sul piano squisitamente narrativo: velocità e resistenza vanno a caratterizzare un film dall’impianto classico, strutturato in modo tale che venga garantito il giusto approfondimento allo scavo dei tanti personaggi coinvolti.

 

Intrattenimento di livello e racconto di ampio respiro, unitamente alla solita performance sbalorditiva di Christian Bale, consentono a Le Mans ’66 di filare dritto per tutta la sua lunga durata (circa due ore e trenta minuti).

Uomini e motori, ma anche un interessante sguardo sul mondo dello sport che, proprio in quegli anni, incominciava a rappresentare un decisivo veicolo promozionale per aziende di enorme livello: “La vittoria non si può comprare, ma si può comprare chi ti potrebbe aiutare a vincere”.