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Attenzione, forse viene dalla Camargue la zampata del Leone della 71. Mostra. Il 14enne Victor (Romain Paul) vive con pochi agi e la madre Nadia (Clotilde Hesme) in una roulotte prossima al mare e ai gitani: la madre è malata di cancro, e non è chiaro fino a che punto deciderà di curarsi. Ma Victor è tosto, assertivo, talentuoso sul campo da calcio, bravo a scuola, curioso per vocazione, forse anche innamorato di Luna, una vicina di “casa”. Il padre non l'ha mai visto, ma è giunto il momento: dirige la Sesta di Mahler al teatro dell'opera di Montpellier, si chiama Samuel Rovinsky (Grégory Gadebois), e all'apparenza, per fisico e indole, è un orso. Come del padre, anche di musica classica Victor sa nulla, ma l'immaginazione e, chissà, la vita immaginata è a portata di orecchio, e cuore…
Non è un cancer movie, non è (solo) un romanzo di formazione, è un grande film: Le dernier coup de marteau, opera seconda della francese di Alix Delaporte, già applaudita alla Settimana della Critica di Venezia 2010 con Angèle e Tony, da cui vengono Dabeois e la Hesme, e sempre in Laguna Leone d'Oro 2005 al miglior corto con Comment on freine dans une descente?.
Nel Victor dell'esordiente Romain Paul troviamo un nuovo Antoin Doinel, nel film sentiamo il tocco dei Dardenne, dello stesso Truffaut, di Doillon: la Delaporte procede per sottrazione, evocazione, insinuazione, fermandosi sempre prima delle certezze, dei “fatti”, delle decisioni irrevocabili. E' liquida, nel senso di ondosa, la vita che ritrae, incarnata da protagonisti e non in modo sublime, senza sovresposizioni, senza dimostrazioni e tesi: rintracciare l'origine dei due o tre colpi di martello, a discrezione del direttore d'orchestra, della Sesta vi dirà – il film lo esplicita – molto del gusto della tranche de vie de la Delaporte, senza esaurirlo, anzi. Tatto, intimità ed empatia come non altrove in Concorso, questo colpo di martello rischia di trovare l'oro. E stendere il Leone.