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Le cronache di Narnia
"Questa sera la grande magia verrà appagata. Ma domani noi prenderemo Narnia, per sempre". Occhi belluini e pugnale sfoderato: la strega Tilda Swinton è pronta a sacrificare il leone Aslan. Ma non sarà così: lei, che incarna il male e affligge il paese di Narnia con un eterno inverno senza mai un Natale, non riuscirà a prevaricare sulle forze del bene. Approda al cinema la celebre saga per l'infanzia, scritta negli anni Cinquanta e con oltre 100 milioni di copie vendute nel mondo. Un fantasmagorico film diretto dal neozelandese Andrew Adamson (curiosa vocazione, quella dei registi neozelandesi maestri di favole). C'è il mitico armadio, che attraversiamo in compagnia dei quattro dolcissimi fratelli Pevensie. E c'è la cattiva Strega Bianca della fiaba di Clive S. Lewis, "il cui viso - scrive l'autore - era bianco, non semplicemente pallido, proprio bianco come la neve o lo zucchero a velo. Un foglio di carta su cui spiccava una bocca vermiglia". Le Cronache vanno oltre la realtà, rivolgendosi a tutti con un avvincente racconto fantastico, "perché è la forma migliore per esprimere quello che si ha da dire". E narrano dell'innocenza, della tentazione, del gelo del peccato e del calore della bontà. Narrano, tra fauni, centauri, ciclopi e animali parlanti, di come il leone Aslan si sacrifica, innocente e mansueto, per salvare una vita, molte vite. Ucciso dalla Strega, risorgerà all'indomani per portare finalmente nel Paese di Narnia la primavera, il bene, la pace. Una sottile allegoria cristiana pervade, dunque, tutte le pagine della saga. Lewis, e di conseguenza il film, non forzano sulle similitudini, non costringono a difficili interpretazioni. Soprattutto, non rimangono soltanto una splendida avventura dell'immaginazione, ma diventano una riflessione sulla natura umana e sulle sue più profonde debolezze ed aspirazioni, quelle che ci appaiono e incontriamo quando abbiamo il coraggio, anche da adulti, di credere ad un mondo nascosto oltre le ante di un misterioso armadio.