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Sergio Castellitto in
una scena del film
(Nelle sale dal 14 agosto)
Più action, meno spettacolo. Stravagante la formula coniata dal sequel de Le cronache di Narnia. Due ore e mezza di panoramiche mozzafiato (splendidi gli scorci delle isole neozelandesi), clangore di armi e grugniti fiabeschi per dire che non basta alzare il livello degli scontri per garantire il divertimento. Tratto dal secondo dei sette romanzi dedicati da C.S. Lewis al ciclo di Narnia, le vicende de Il Principe Caspian riprendono 1300 anni dopo quelle del primo. L'incanto è ricordo, simulacro scheggiato e ridotto a monumento funebre di boschi e rovine. Lì vivono nascosti i superstiti della magica genìa di animali parlanti e creature mitologiche. Il loro regno è stato conquistato dai Telmarini, uomini spietati come il "generale" Favino e cospiratori come Re Miraz (il villain Sergio Castellitto).
Questi, per assicurarsi la successione al trono, fa uccidere i rivali in un'escalation giacobina. Ad eccezione di Caspian (Ben Barnes, impalpabile) che fugge e trova solidarietà tra i legittimi abitanti di Narnia, interessati a riprendersi il regno con l'aiuto dei fratelli Pevensie, giunti nel frattempo alle rovine di Cair Paravel attraverso un varco temporale. Adamson, già al timone del precedente, sporca la materia attingendo a un immaginario da epica medievale.
I toni crepuscolari non sono sufficienti però a rilucidare la saga, che rimane una versione per bambini de Il signore degli agnelli. Aumentano gli umani, non l'umanità, con il respiro dei singoli sacrificato dall'eccessivo numero dei personaggi, e il salvifico leone Aslan e la strega Swinton - due delle figure più interessanti del precedente - costretti a brevi camei. Appena abbozzate le microstorie - come la love story tra Caspian e Susan - che avrebbero garantito fluidità a un insieme troppo monocorde e avvitato sulle battaglie. La scelta di lavorare internamente alle immagini (ralenti e accelerazioni) piuttosto che al loro concatenamento comprime poi il ritmo generale dell'operazione. Ma non compromette la riuscita al botteghino.