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Le avventure del piccolo Nicolas © 2022 ONYX Films / Bidibul Productions
All’inizio si pensava a un ibrido, un po’ documentario impreziosito dai materiali d’archivio di Jean-Jacques Sempé e René Goscinny e un po’ film d’animazione con le storie del piccolo Nicolas, il personaggio creato dai due artisti. Qualcosa di quel progetto è rimasto nell’esordio al lungometraggio di Amandine Fredon e Benjamin Massoubre, coppia di giovani autori che evidentemente in dialogo con i due maestri (per i distratti: Sempé fu illustratore di grido, Goscinny inventò con Albert Uderzo Asterix & Obelix): la riflessione sull’atto della creazione, il valore della relazione all’interno di un processo, la permanenza del classico nell’immaginario.
Il risultato finale sembra in apparenza più canonico, focalizzato soprattutto sul target di riferimento (l’infanzia) – come testimonia il titolo italiano Le avventure del piccolo Nicolas, allineato alle pubblicazioni editoriali – ma c’è comunque una vena colta e poetica che qua e là affiora tra la riflessione intellettuale e il soave intimismo. In fondo è il titolo originale a dire molto, Qu’est-ce qu’on attend pour être heureux? (Cosa aspettiamo per essere felici?), perché più della creatura ci interessano i creatori e il loro universo, tant’è che il film funziona soprattutto quando Nicolas entra nelle vite di Sempé e Goscinny, due outsider che hanno rielaborato i rispettivi traumi infantili (la violenza del padre adottivo per Sempé, la Shoah per Goscinny) plasmando un bambino intelligente e vivace all’altezza dei desideri, delle aspettative e delle speranze degli altri bambini.
È proprio lo scandaglio di questa forte progettualità a rendere originale e stimolante il lavoro di Fredon e Massoubre, con disegni e tonalità che si ispirano senza il dovere dell’emulazione alle illustrazioni di Sempé (a suo modo è anche uno studio sul suo stile sfuggente, complesso e libero e lo stesso artista, morto nel 2022, ha approvato l’idea dei registi). E, in sottofondo, c’è anche un’operazione che riposiziona Goscinny in un’ottica meno conservatrice e monumentalizzata, sottolineandone lo spirito avventuroso e la curiosità cosmopolita.
Un film molto ragionato, che si specchia nel testo di partenza e si riverbera grazie alla sua lezione, sulle onde di Jacques Tati nell’anticamera dei quattrocento colpi, acuto per come distingue i due piani del racconto (Nicolas appartiene alla fantasia e si muove come se saltasse da una pagina all’altra; il “backstage”, invece, è emanazione della realtà). L’operazione è ammirevole e a suo modo commovente, però il ritmo qua e là latita e manca un po’ di fluidità. Proiezione speciale a Cannes 2022, primo premio al Festival internazionale del film d’animazione di Annecy, vincitore del Lumière, candidato al César e agli EFA.