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Tom Hardy in Lawless
Gli anni '30, il proibizionismo, i gangster, le automobili e i borsalini. E poliziotti avidi, corrotti, malsani. Quante volte il cinema americano si è confrontato con questo? Sembra non preoccuparsene John Hillcoat, regista australiano alla seconda prova USA dopo l'apprezzabile The Road visto a Venezia tre anni fa, ancora una volta alle prese con un romanzo: non più Cormac McCarthy ma La contea più fradicia del mondo di Matt Bondurant (Dalai Editore), che ha raccontato l'epopea dei suoi nonni, concentrandosi sulle vicende dei Bondurant Brothers, Howard, Forrest e Jack, coinvolti nel commercio clandestino di alcolici nella contea di Franklin, in Virginia. Adattando per lo schermo lo script firmato dal sodale Nick Cave - che ovviamente cura anche la (magnifica) colonna sonora - Hillcoat mette a punto una confezione inattacabile dal punto di vista formale, (ri)costruendo un contesto (rurale) e un periodo (quello della grande depressione) calibrato dalle fantastiche luci di Benoît Delhomme e supportato dalla vena di un cast superlativo: Tom Hardy - è il fratello di mezzo Forrest, il più carismatico - non fa più notizia, Jason Clarke (è il maggiore, Howard, il più violento e taciturno) e Shia LaBeouf (è il più giovane, Jack, con un'incontrollabile voglia di diventare adulto e cavalcare il mito dei gangster con la G maiuscola) sono affiatati e funzionali, così come Jessica Chastain nei panni della bella Maggie, Gary Oldman in quelli di Floyd Banner e Guy Pearce in quelli del maledetto agente Rakes, impomatato e assetato di sangue.
Lo 'spettacolo' è dunque garantito, la trasversalità di generi non manca (western e gangster movie si fondono) e, rispetto all'inevitabile nichilismo che caratterizzava il precedente, post-apocalittico lavoro di Hillcoat, anche il sense of humour fa capolino: tutti ingredienti che fanno di Lawless (sì, il titolo è lo stesso del nuovo film di Terrence Malick) un'opera fatalmente 'godibile' (c'è anche la doppia love story...) e, per questo, dimenticabile.